mercoledì 20 novembre 2019

Sonetto dell'Acqua Granda

Piena di gente la terra, ma scalza
e poi svuotata d’aria, troppo vecchia
appesa sopra i bordi; poi si specchia
dai resti della riva, che ci sbalza

di fuori e solo l’acqua ci rincalza.
Il mare se ne resta lì, sonnecchia,
costretto e ciclico in forma di secchia
tra i muri nostri. Crepita, s’alza,

avanza e corre e morde e si ritira,
coi modi antichi e nuovi di quest’acqua
cullata dalle forze di marea,

come la vita che torna e respira
ogni qual volta si deve e si sciacqua
lì dove si distrugge e muore e crea.


sabato 19 ottobre 2019

Lode al quinto quarto

Lode al Quinto Quarto

- sonetto caudato di cultura alimentare -

Da sempre disdegnato come scarto
da chi, banale, vuole carne soda
e non più sperimenta; noi, si goda
del tanto lento e dolce Quinto Quarto,

frattaglia d’animale fuor dell’arto,
vuoi dentro il ventre, la testa, o la coda:
e mai di troppo s’accoglie e si loda
questo sublime e nascosto reparto.

Che fumino le trippe, si distingua
tra le cipolle il fegato! Sornione
son l’animelle, il cervello veloce

s’è fritto; salda e tenera la lingua,
si scopre la fragranza del rognone,
rappreso e scuro poi il sangue si cuoce

e mozza già la voce
l’incanto della gola; par che abbondi
di tanti nuovi gusti e nuovi mondi,

felici e più profondi
che della tavola fanno una storia:
amore che rinasce da una scoria.



martedì 15 ottobre 2019

Sonetto doppio sul sovraccarico sensoriale

Sonetto doppio sul sovraccarico sensoriale 
La testa s’è rimessa sotto sfratto.
Il suono, liquefatto,
allaga già l’orecchio; rotti, i sensi
non hanno direzione né contratto.
Se n’è dissolto il patto,
per cui deflagrano impietosi e densi:
così la vista s’infila nel tatto
inerme a quest’impatto
e sovraccaricato dagli immensi
respiri della gente; ad un tratto
un ordine disfatto
s’impone enorme nei nomi che pensi.
Scarnificato in ogni sensazione,
il corpo si richiude e sembra dica
la solita fatica
dell’arrivare intatto all’emozione,
salato dall’eccesso di persone;
e cerca quella pausa infine amica,
più facile e pudica
e non vendibile come finzione.


Napoli, 15 ottobre, notte d'insonnia

domenica 8 settembre 2019

Sonetto amoroso col pretesto del teorema delle contrazioni di Banach-Caccioppoli

Sonetto amoroso col pretesto del teorema delle contrazioni di Banach-Caccioppoli
Un metro dà la forma, la cesura,
di questo spazio in cui vivo, completo;
fatto d’amore continuo o discreto
e senza vuoti mai. Vi si misura
la vita nostra, la nostra figura,
col nostro senso sottile e segreto
col nostro corpo sognato e concreto
che qui, per una provvida natura,
dentro il pensiero si cerca, s’attrae.
Ed il pensiero, dal corpo mai scisso,
diventa la voragine di un canto,
e si fa poi più dolce, si contrae,
rimedia necessario un punto fisso
e sempre a te ritorna, a te soltanto.

mercoledì 4 settembre 2019

Sonetto caudato sulle categorie e sull’umanità in genere

Sonetto caudato sulle categorie e sull’umanità in genere

Siamo strutture di sensi e di masse,
oggetti che si dicono iniziali
ed altri che si danno terminali,
nel mondo definito di una classe;

si regge questa vita sopra l’asse
di relazioni dette funzionali,
siamo morfismi tra sogni reali.
E tra di noi già risuonano, basse,

le note di una musica ch’è seme
di un ordine parziale, ch’è condotto
sul filo del passato e del presente

e del futuro; noi siamo l’insieme,
noi siamo quel che nasce dal prodotto
fibrato, siamo quello che si sente

nel corso della gente
che vive, siamo il mondo che si aggrappa
a quel che si mantiene e non si strappa,

soccorsi da una mappa.
Viviamo relazioni con l’assunto
d’aver capito che cos’è l’aggiunto

perché noi siamo il punto
d’un universo che poi non si sbreccia,
il seguito banale d’una freccia. 

sabato 13 luglio 2019

Rime tempestose

Rime tempestose

(sonetto caudato sull'opera di Emily Brontë)


È voce d’un ricordo, e son le gesta
antiche d’un amore che si strugge
fra strade incomprensibili; di ugge
di chi lo vive troppo nella testa,

di chi mal si comprende, di chi resta
e poi di chi sospetta, di chi fugge;
è storia d’un amore che distrugge,
lì tra le mezze cime di tempesta.

S’intreccia, come sempre, alla famiglia:
tra i rami di chi muore, di chi aspetta,
di chi nel legno incide nomi vani;

sbeffeggia chi di troppo s’assomiglia,
s’intride imputridendo di vendetta,
eppure fu per sempre; e noi, umani

che siamo già lontani
da quell’umore liquido e taciuto,
ancora lo crediamo un assoluto:

ci par d’aver vissuto
col cuore frantumato che s’addestra
ad aspettare, osceno, alla finestra.

venerdì 31 maggio 2019

Esci il sonetto

Mi si fa giustamente notare che su Facebook si ottengono più like con le tette che con le rime. Mi adeguo a modo mio e vi metto a disposizione mammelle endecasillabiche con vaghezze matematiche. (Non viene nominato il capezzolo per non incorrere nelle vittoriane bizze censorie dell'algoritmo.) ESCI IL SONETTO Tra il mondo dell’astratto e del terreno, c’è, tra la matematica e la pelle, lì dove la ragione poi si svelle, il verso d'una vita. Viene meno il gusto del proibito, dell’osceno di fronte a tante e dolci cose belle che a voi s’approcciano, molli gemelle: e pur non è la curva detta seno che con quei tondi morbidi divide il nome solamente. Qui si dice di superficie curva la natura, di doppia e sempre soffice postura, che fa di morbidezza amor felice: a chi la guarda il mondo già sorride.


e, come ardito complemento:

Sonetto matematico sul capezzolo Sul culminare dell’orlo, lascivo, di quel profilo turgido e rotondo che fa di sé, solenne, intero un mondo, si staglia, d’una febbre sempre vivo, un apice, uno sfogo evolutivo, lo sbocco d’un discorso più fecondo. Qui, con la matematica di sfondo, si definisce in segno negativo hessiana quant’è detta la matrice; e lì, su quell’anelito d’un cucciolo ove l’amore passa dolce il dito, Alexandrov fa il punto, poi ci dice il nome nuovo del bottone sdrucciolo: compattificazione all’infinito.

lunedì 13 maggio 2019

Ermione nel pineto

Piove.
E siccome piove spesso, e da un po', e nonostante sia maggio, mi è venuto da pensare alla Pioggia nel pineto.
Ermione, dico. Questa figura iconica che sta lì a prendersi la pioggia con Gabriele D'Annunzio, che ti farà pure le coccole aulenti ma che di sicuro di tanto in tanto se ne esce con un "Memento audere semper" o roba simile che rovina tutta l'atmosfera, e mentre è lì che ti guarda le mandorle acerbe dei denti ti va a parlare di volantinare a Fiume.
Ermione, figura muta e paziente, creatura terrestre, avrai mai risposto?
Te lo sarai mai levato dai piedi, questo aulico compagno di scampagnate? Gli avrai mai detto una buona volta sì ok, la rana che gracida, il suono del mirto, le tamerici salmastre e arse, mo' però fammi rientrare che mi sono infradiciata tutti i vestimenti leggeri e mi viene una bronchite?
Niente, la Storia non ci racconta cosa fece Ermione.

E allora lo racconto io.
Questa è la risposta di Ermione, ove si evincono anche particolari della storia di lui, e quindi anche perché lei alla fine gli abbia detto guarda Gabrie', s'è fatta 'na certa.



Taccio. Su le soglie
del bosco mi godo
parole che dici,
pur vane, di frodo,
sì come l’alcove
che vuoi tra gocciole e foglie
silvane.
Ascolto. Piove
dai nembi più sparsi,
piove sugli artifici
sfrontati o scarsi,
sui tuoi confini
scagliosi ed irti.
Non so che dirti;
vicini
ci siamo visti intenti
a dirci stolti,
tra i ginepri folti
le coccole aulenti
non più toccano i volti
lontani,
ed anche queste mani
ignude
tra i nostri vestimenti
leggeri
non hanno più pensieri
né l’anima prude,
mio bello,
pure senza l’ombrello
che ieri
si chiuse, che oggi si schiude
e s’impone.

Odo quei fiati monchi
per la voluttuaria
postura
priva di costola dura.
E vaghi nell’aria che già ti confonde
partendo da Ronchi:
da Fiume risponde
al canto il vanto
che già t’assale
nel Vittoriale;
non t’impaura
quest’ultima estate.
Da Vate
risuona quel tuo spirto,
ed altro suono scabro
ti fa da voce, stromenti
diversi
di vanità non mai finita.
E persi
ci siam nello strepito
di fretta,
d’arborea sorte irridenti;
e il tuo volto ebro
di sé si fa foggia,
di quanto voglia.
Senza pur chiome
brandisci il tuo nome
qual arma imperfetta:
ché fosti tu Rapagnetta
detto già come.
“Ermione!”

M’invochi, t’ascolto. Ricordo
di te pur m’assale
e il labbro per poco
mi mordo,
si fa sotto un pianto
che cresce;
e un canto vi si mesce
più roco,
e non mi fa più male,
son umide ombre remote:
ti scorgo, sei cuoco
che nomini degne
parole a te note,
ancor verghi l’insegne,
di tramezzini consegne
imponi il novel nominare;
si scorge per tutte le viste
sbordare
l’immensa foggia
che insiste
per muta Cabiria:
sé dice Maciste,
più forte, già forte.
Che sorte:
pretendi valchiria
la donna, o ancora forma
di ninfa, di musa,
di scusa
ch’è per te solo ed esiste,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove e inventi l’orma
d’Ermione.

Piove sulle mie forme vere
sì che par ch’io pianga,
ma di piacere: ché, stanca
d’essere l’orlo del niente
par da scorza io esca
e nuova vita viene in me fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe,
e vado soddisfatta
da te infine disciolta,
dai motti d’onor rude,
dai suoni resi creoli
da quel latino in tocchi
sbucato in ogni dove!
E piove l’ultima volta:
domani
ti guarderai quelle mani
ignude,
e quei tuoi vestimenti
leggeri,
e i troppi pensieri:
portati e schiudi
l’ombrello,
poeta mio bello
che ieri
m’illuse, che oggi s’illude.

Ermione


giovedì 21 marzo 2019

Infinito e successivi

Intervenuti a Recanati per il bicentenario dell'Infinito e per la giornata internazionale della poesia, Vittorio Sgarbi, Paolo Crepet e Antonino Zichichi uniscono i loro sforzi poetici per una riedizione personalizzata della celebre lirica.
Cinque versi a testa, raccolti pazientemente dalla vostra affezionata.
"Sempre caro mi fu quest’ermo… Capre!
Chi cazzo siete? Io critico l’arte
con me nell’orizzonte e sguardo rude.
Sto: sedendo e gridando, svergognati
strazi ed improperi sugli umani."
"Silenzi. E profondissima quiete,
ed un pensiero finto, che per poco
si tiene alla natura. E come sento
scarne memorie delle mamme, questo
talento del fanciullo mi dà voce."
"Vo misurando. E mi sovvien l’eterno,
e gli infiniti d’ora e i successivi,
e quindi il suon di Dio. Così tra questa
immensità s’anneghi già la Scienza,
e naufraghi felice nella Fede."

venerdì 15 febbraio 2019

Epitaffio per Opportunity

Epitaffio per Opportunity

Lontano dall’amore, dalla rabbia,
dal colpo tracimante che t’ha mossa,
dal nostro fragile crepito d’ossa,
bucavi l’aria, veloce, la gabbia

dell’orbita. Tu credi che si abbia,
lontano, un’altra vita, che si possa?
Ma taci, adesso. La notte s’ingrossa
sospesa come i cumuli di sabbia

che t’hanno ricoperto; sotto un velo
di tempo sterminato ed inconsulto
un ultimo silenzio se ne parte

e sfonda le distanze e questo cielo
e torna sulla Terra in un singulto;
ti lascia lì, sulla scorza di Marte.


[2005-2019]

mercoledì 13 febbraio 2019

Sonetto di spiegazione a Guy Verhofstadt riguardo il ruolo politico e culturale del burattino nella storia italiana

Sonetto di spiegazione a Guy Verhofstadt riguardo il ruolo politico e culturale del burattino nella storia italiana. Non è, che, vedi, non siamo civili: a volte, e con gran forza, lo sembriamo. È che per indole, temo, restiamo innamorati d’essere servili e rincagnati, tremuli ed ostili, partite voi intanto che ci armiamo. Io qui ti dico ciò che adesso siamo: né patria del diritto, né di vili. Ma sempre pronti invece a truffar carte, incerti tra miracoli e malocchio, col riso confondiamo l’umor cupo: figli di quella commedia dell’arte, fratelli mal cresciuti di Pinocchio, lo spirito del mondo fatto pupo.

domenica 27 gennaio 2019

Alga azzurra

Alga azzurra, alga chiara Ogni notte ritornar per cercarli in qualche mar Fotoautotrofi, lo sai, tutto intorno a dove sei. Una cellula, che più? procariota e spesso blu Alga azzurra Alga chiara butta ossigeno di già nell’atmosfera E perciò si sono estinti molti poveri anaerobi in un grande evento ossidativo in un tempo che fu. È una storia, cosa vuoi, che risale a tempi bui fin da quando si creò fotosintesi a gogo Dei batteri, sì, laggiù, e tutto il resto non fu più Alga azzurra Alga chiara butta ossigeno di già nell’atmosfera E perciò si sono estinti molti poveri anaerobi in un grande evento ossidativo in un tempo che fu. Batteri sempre più, com'è stato e come fu Alga azzurra Alga chiara butta ossigeno di già nell’atmosfera Alga azzurra Era il Sideriano, sai, e cominciarono quei guai che hanno dato vita poi a tutto quanto insieme a noi E l’ossigeno ne fu liberato sempre più Alga azzurra Alga chiara butta ossigeno di già nell’atmosfera E perciò si sono estinti molti poveri anaerobi in un grande evento ossidativo in un tempo che fu.