venerdì 20 agosto 2021

Bestiario

 Nuvole grigie si acquattavano nel cielo d’un giorno del tardo Giurassico. Sperduto fra tempestose cime, il sauropode brucava meditabondo, sporgendo il lungo collo e immergendolo tanto nelle brume quanto in una ostinata solitudine. La coda, anch’essa lunga, si bagnava sconsolata di rugiada fredda.

Troppi pensieri lo tormentavano: lacerato dalla gelosia e dal desiderio di vendetta, non appena socchiudeva gli occhi lo assaliva l’incubo di quella giovane che bussava disperatamente alla finestra e che ora, chissà, non lo vedeva che come un essere rozzo e ignorante. Era stato amore? O che altra passione? Un odio, un mero dominio? Una lotta inutile per una vita presa in prestito? O amore, s’era detto? Amore...

Artigliò il terreno come se avesse potuto afferrarvi dentro un’anima.

La disperazione gli mordeva la carne; e quel dolore, che nemmeno l’alcol mediocre comprato coi soldi e col rancore avrebbe mai lenito, gli squassava i nervi.

Solo il silenzio straziante della brughiera rispondeva ai suoi pensieri; e in quel silenzio vagavano spettri mai del tutto consumati dalle passioni e dal tempo.

L’animale sospirò. “Questa è la mia storia, questa la mia maledizione.”


Egli infatti era un Brontësauro.

sabato 14 agosto 2021

Lo scarabeo morente

 Lo scarabeo morente

Uno scarabeo stercorario si svegliò, un giorno, e sentì che la sua ora era vicina. Guardò il sole con un fremito di nostalgia, con un sussulto di vergognoso timore; quindi si rivolse a Dio con voce lamentosa.

“Signore” disse “so di non essere stato un bravo insetto.”

E Dio si affacciò, sporgendosi dai lembi di eterna potenzialità e susseguente atto; e, osservando con saggia misericordia e però implacabile giustizia quella piccola creatura morente, con voce di tuono gentile rispose: “No, non lo sei stato affatto.”

La bestiola piagnucolò: “È forse perché in questa miserevole vita terrena mi sono pasciuto di escrementi, rotolandoli in sfere, la cui forma ricorda altresì perfezioni geometriche e filosofiche, che...”

“Ma no, ma no” tagliò corto Dio “questa è la tua natura. Vi hai semplicemente obbedito.”

“È perché mi sono compiaciuto dell’adorazione degli Egizi, che hanno immaginato che il Dio Khepri movesse il Sole nascente imitando il mio operato?”

“Ma no, ma no: indulgere alla vanità è talora consentito alle creature finite, giacché anch’io nella mia infinità... oh, ma non ne parliamo. No! Il tuo grande peccato, arida bestia, è la mancanza di impegno. Ti sei pasciuto di escrementi, sì, e li hai rotolati nelle roventi sabbie: ma l’hai fatto per mero vincolo biologico, senza sospingerti oltre...”

“Oh, povero me!” gridò l’insetto, alzando implorante le elitre al cielo. “Un ignavo! Sarò dunque condannato a correre per l’eternità vanamente proteso dietro un’insegna, insolentito e punto da vespe e mosconi, sdegnato da poeti in visita che non ragionano di me ma guardano e passano?”

Dio si raddolcì, lo guardò con paradigmatica bontà e, con voce somigliante al mite zefiro di primavera, disse: “Non è così che ho deciso. Ti verrà concessa un’altra possibilità. Morirai e rinascerai in un altro mondo: e sarà tuo compito pascerti di escrementi molto più grandi, e rotolarli in sfere giganti che solchino le strade non per trasportarvi cibo e uova, ma solo e unicamente per esaltare la propria gloria escrementizia; sfere così grandi, dovrai comporre, che gli uomini dovranno voltarsi e torcere il viso per lo sgomento. Questo è il mondo in cui rinascerai.”

Il povero scarabeo, tutto tremante, a malapena osò alzare gli occhi, e si limitò a fissare un orizzonte vago, sperando che la divinità ne occupasse comunque i margini. “Oh, Signore! Ti ringrazio per la possibilità che concedi a me, ultimo dei tuoi servi. Mi pascerò di enormi escrementi, ed enormi e inusitate saranno le palle di merda che formerò e rotolerò, inesorabili e autoreferenziali, per le strade, fino a provocare negli uomini sgomento e sconcerto. Sono pronto a morire e a rinascere in quel mondo. Ma dimmi: dove mai si trova?”

E Dio guardò la sua creatura, e con voce ormai lontana e piena di ridente sussiego rispose: “Nella redazione di Libero.”