venerdì 29 maggio 2015

Manuale di conversazione (stralci)

Stralcio da Manuale di conversazione, capitolo 10
(L'opera completa sarà scaricabile da questo blog dopo l'estate)

In questo capitolo la protagonista Irene Cardin racconta del suo primo grande amore analitico.


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Arrivò un’altra estate, un altro mare, e poi un altro anno scolastico. Per Francesco sarebbe stato l’ultimo, per me il terzo; fu l’anno in cui il professor Ganz, che a proposito di Francesco aveva una stima enorme, come tutti, pur insegnando in un’altra sezione, lasciò il liceo. La consapevolezza che in pochi mesi avrei dovuto combinare quello che non avevo fatto nei due anni precedenti mi riempì di confusione. Mutevole è il cuore umano a sedici anni: adesso da un lato sentivo che l’innamoramento si stava illanguidendo, e che forse Lui non era l’unico uomo sulla terra, anche considerata la sua predilezione a circondarsi di ragazze sciocchine, e dall’altro lato avevo però trovato nuovi paradigmi culturali per affrontare con Francesco un dialogo completo, una Vera Conversazione, che mi avrebbe permesso di sbaragliare l’indegna concorrenza e dare finalmente sfogo ai bisogni dei miei ormoni. I nuovi paradigmi culturali erano lo stilnovo e l’amor cortese, il che significa che forse non avrei dato davvero sfogo materiale alle mie impellenze, ma almeno lo avrei raccontato bene. E così mi immaginavo a dialogare, stesa nel letto nel cuore della notte, chiusa nella camera che s’alimentava del mio fiato silenzioso, con una sorta di spirito poetico che mi dava delle dritte sul sentimento e sulla sua corretta esternazione. Trascrivo un esempio, visto che questo è un manuale di conversazione e qui si tratta nei fatti del mio primo approccio sistematico al problema del dialogo amoroso.

Irene: Mi si rimescola lo stomaco, davvero. Dormo male. Vorrei trovare pace e mi chiedo se... ecco, non so nemmeno cosa mi chiedo.

Spirito Poetico: Ahi lassa Irene, che tutta ti struggi in pianto ed in pensiero! Quei che ti fugge vana gloria chiede, e senza pietade move al suol lo sguardo. Che una venenosa turba ti percuote, i’ so! 

Irene: Non riesco a descriverlo. È strano per me, è come se non trovassi le parole, come se non riuscissi a delimitare il campo. Parlo troppo tecnico?

Spirito: Ahi quanto so, mia misera, ch’è tutto un forsennato volere, un piacer crudele, che il cor pria che diletto non abbia a desiar che mercede.

Irene: Ma io soffro! Dimmi tu, che lo sai, che cos’è che provo?

Spirito: Questi è Amore! Amor, Irene mia; Amor, che di te vuol segnoraggio, Amor che del vero il lume t’ha conquiso, e che spessamente s’incarna in spietato messaggio.

Irene: Che cosa dovrei dirgli, ora? A Francesco, capiscimi. Come potrebbe mai accorgersi di me?

Spirito: Va’, sia pur con sembianza umìle, poi che tua fraile condizione seguitar non puote; e di’ che il tuo vano imaginare e le cose tue dubiose debbon cessare; che Lui t’ha chiamata in tuo nome, e quindi si convien che di voi si parli, e che la lingua tua parli come di se stessa mossa.

Irene: Sono belle parole, ma credi che davvero potremmo finire insieme, noi due?

Spirito: Ma certo! A tal proposito, Irene, sai che la parola insieme deriva, come tanta parte dell’Amore che ti canto, dal provenzale? Nella fattispecie, viene da ensems, essems, che si è formato dal latino in simul. Se ne trova un esempio nella Cronaca degli Albigesi, ove si dice E cavalgan ensems tant ergulhosament, che si traduce in E cavalcano insieme tanto orgogliosamente.  

Irene: Qual baldanza di saggio, che sola vertute stima il coraggio, e sol Amore stima Sapienza! Ma il tuo saper non vale a sanar l’infermitate che rende il mio core carne d’amore folle e mai scusato! Or va’, tu che se’ valente, ch’io m’avvedo ch’è tardi e vassene il tempo e non me ne avvidi.

Spirito: Ch’io qui mi parta, Irene, ben fia: piacciati di serbarmi in core le notti future.

Irene: Buonanotte anche a te. 

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Elena Tosato 2015, rilasciato sotto licenza creative commons 3.0 Attribuzione, Non Commerciale, Non opere derivate.