martedì 29 novembre 2011

Lamentela

Oggi ce l'ho con quelli che scrivono delle righe in rima e le chiamano sonetto anche se non è un sonetto.

Un sonetto è un sonetto! E che cazzo. Pardon my french, anzi, pardon my langue d'oil.


Un rimator dai modi sopraffini
nato sui monti Iblei schiarì la gola:
quel metro che è cosa di lui sola
avrebbe scosso ‘l cor dei serafini.

Fu il siculo Iacopo da Lentini
ch’è noto per esser di quella scuola
che fece diventare la parola
più dolce del sospir dei cardellini.

Posto che l’ebbe inventato perfetto
si premurò di dargli ben precise
e regole di rima, e di cadenza!


Non è che così possa farsi senza
o mettere dei versi in altre guise
e chiamar quel che viene “un sonetto”!

sabato 26 novembre 2011

La divina

Come annunciato cinque giorni fa, eccola qui:
Scarica il pdf
(circa 160 kb, 14 pagine)

La divina, ovvero: libera evoluzione dei fatti attorno al pomo della discordia.

martedì 22 novembre 2011

L'Apocalisse secondo Emanuele Severino

Dall'Apocalisse secondo Severino:

"E vidi nella mano destra di Colui che era assiso sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. Vidi un Essere forte che proclamava a gran voce: "Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli? Va' che è mica un libro di matematica: potete fidarvi!". Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, né nella terra isolata, era in grado di aprire il libro e di leggerlo. Io piangevo molto perché non si trovava nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo. Uno dei vegliardi mi disse: "Non piangere più; ha vinto il leone della tribù di Parmenide, il Germoglio di Hegel, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli".

Venne dunque il Filosofo, colui che toglie i peccati del mondo dimostrando che si tratta di doxa.

Quando il Filosofo sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro elementi che gridava come con voce di tuono: "Vieni". Ed ecco mi apparve un A, che non era ancora B, e colui che lo enunciava aveva un arco Hopi, gli fu data una aporia del linguaggio e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.

Quando il Filosofo aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: "Vieni". Allora uscì un altro B, che non era ancora C, rosso fuoco. A colui che lo enunciava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande vuvuzela.

Quando il Filosofo aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: "Vieni". Ed ecco, mi apparve un 1 che si nullifica nella somma e colui che lo computava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: "Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati, quanto è vero che A = A".

Quando il Filosofo aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: "Vieni". Ed ecco, mi apparve un Essere verdastro. Colui che lo rappresentava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra: ma i miei cari mi attendevano nella Luce, ed erano come Dèi, per cui io dissi: prrr!

Quando il Filosofo aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di coloro che furono immolati a causa della Fenomenologia dello Sprito e della testimonianza che le avevano resa. E gridarono a gran voce:
"Il razionale è reale! Il reale è razionale!"

Quando il Filosofo aprì il sesto sigillo, vidi che vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come sacco di crine, la luna diventò tutta simile al formaggio, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come quando un fico, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i fichi immaturi, per la gioia di Gesù. Il cielo si ritirò come un volume che si arrotola e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. De Mattei disse che ce l'eravamo meritato.

Quando il Filosofo aprì il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora. Bergman si grattò la testa perplesso. L'epamfoterìzein tra l'essere e il non essere si fermò per un istante. Ma l'istante era solo apparenza.
Fu allora che compresi. Poi mi fu data una canna simile a una verga e mi fu detto: fùstigati da solo. E così feci, ma senza farmi male a causa del paradosso di Zenone.

Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Ma io sto aspettando al citofono da due ore, piove e Feyerabend non mi ha detto che passi danzare per far sì che la pioggia smetta.
E tutto questo Alice non lo sa.

Amen."

(ET, 30 maggio 2011. Mi ero perfino dimenticata di averlo scritto, il che suggerisce implicazioni filosofiche interessanti)

lunedì 21 novembre 2011

La divina

Alle undici di mattina la casa era ancora un disastro. I piatti da lavare, disordine in salotto. Solo il letto era stato accuratamente rifatto. Lui non c’era. Non aveva dormito lì, quella notte. Ma di questo lei non si preoccupava più. Una volta le avevano detto che lei incarnava la sacralità del matrimonio: adesso ne rideva, dopo tanti anni. Rideva anche della sua passata gelosia, delle sue vendette feroci nei confronti delle amanti di suo marito. Che altro avrebbe potuto fare, arrivata alla sua età? Rideva e il suo riso ricordava il gorgogliare di un pozzo. Avrebbe dovuto cominciare una buona volta a fare le pulizie, ma non aveva voglia. Si sentiva le gambe pesanti, stava invecchiando, inesorabilmente. Le bianche braccia per cui da giovane andava famosa erano due grosse salsicce dai muscoli bastonati e le ossa gonfie di reumi si perdevano sotto falde di pelle molle, piena di efelidi e cheratosi. Gli splendidi capelli erano una massa grigia come una sterpaglia metallica. Il campanello suonò e lei si alzò.

a breve l'intero racconto, al solito scaricabile in pdf!