venerdì 25 luglio 2014

Antropologia qualitativa e carezze sulla testa

Manco da questo blog da due mesi, ma volevo dire che nel frattempo ho fatto una scoperta eccezionale, una di quelle che solo la mia abituale ritrosia mi impedisce di vedere pubblicata su Nature, su Science e su Donna Moderna tutte insieme.

Per cui sappiate che questo post un giorno sarà l'equivalente di Tristi Tropici, una pietra angolare nella storia della disciplina, e il mio cognome sarà automaticamente associato a un paio di jeans.

Ho scoperto, tramite assidua e sistematica frequentazione di altre persone (cioè, di quello che scrivono sui social, non è che le abbia frequentate davvero, che poi mi fa impressione perché fanno un sacco di rumore), che esse hanno tutta una sottotrama di relazioni di cui io non sospettavo non dico la complessità, ma nemmeno l'esistenza.
Pare infatti (sigla) che gli esemplari di Homo sapiens, quando sono coinvolti nell'interazione sociale, si scambino messaggi non solo tramite l'uso del linguaggio, ma anche cercando di leggere l'uno le intenzioni dell'altro, come se esse potessero apparire, o emergere, dalle pieghe del comportamento o da ciò che le parole non esprimono.

È veramente incredibile!
Pensate che a me tutto questo capita in misura molto minore. Per esempio, se Antonino ed io siamo seduti sul divano e io desidero una carezza sulla testa, sono solita chiedere: "Mi faresti una carezza sulla testa?"
Al che egli, abbacinato dalla chiarezza semantica della richiesta, dalla precisione sostanziale con cui vengono indicati l'oggetto (la carezza) e il luogo (la testa), e plausibilmente ben disposto dal fatto che io abbia utilizzato una forma interrogativa e un garbato condizionale, mi accarezza sulla testa.
Il contenuto del messaggio si esaurisce nelle parole utilizzate per esprimerlo: quando chiedo una carezza sulla testa, voglio una carezza sulla testa e solo una carezza sulla testa.

If p, then q.

Nella mia indagine antropologica ho invece scoperto alcuni elementi interessanti. Nella generica situazione di cui sopra, in cui A richiede a B una carezza sulla testa, si verificano di preferenza le seguenti opzioni:

1. Pur desiderando ardentemente una carezza sulla testa, A non chiede a B una carezza sulla testa, ma guarda B con ostinazione fino a che B non chiede a sua volta: "Che c'è?" e A risponde "Niente", e si rimette a farsi i casi suoi sul divano. Dopo cinque minuti A guarda B con rimpianto e riprovazione, e B chiede ancora: "Che c'è?" e A, questa volta con aria più seccata, risponde: "Niente!"
Dopo una mezz'ora in cui A sbuffa e B traccheggia, A si alza, se ne va dalla stanza e sbotta: "Volevo solo che tu mi accarezzassi sulla testa! Possibile che non capisci!"

2. A chiede a B una carezza sulla testa. B carezza A sulla testa. A riceve con sommessa gratitudine la carezza sulla testa, ma poi emette un segnale ambiguo, come un leggero sbuffare, un sospiro, una rotazione del bulbo oculare, una scrollata di spalle. Si allontana e, guardando B con mestizia e rassegnazione, mormora: "Non era solo una carezza sulla testa. Volevo che mi chiedessi come è andata oggi. Perché non capisci?"

Mi rendo conto che la verbalizzazione è un canale poco usato; probabilmente - così dicono! guardate che ho letto un sacco di studi seri di psicologia sociale! - il rinforzo alla verbalizzazione che viene dato dalla comunicazione non verbale e dalla padronanza della teoria della mente è qualcosa che io, data la mia personale esperienza, sottostimo. Però vedo che c'è un sacco di gente che si lamenta, e quindi suppongo che sia infelice, perché quando vuole una carezza sulla testa non lo dice e quindi non riceve una carezza sulla testa, e quando riceve una carezza sulla testa in realtà voleva anche una tazza di cioccolata.
E via di rimpianti e di rimorsi e di accuse e di litigi e tu-quella-volta-hai-fatto-questo-mentre-io-volevo-quest'altro e sì-ma-tu-hai fatto-quest'altro-mentre-volevi-quello.

Magari sono io che ho una vita terribilmente semplificata, scarna ed ossequiosa verso le parole in mancanza d'altro, ma che vi hanno fatto le parole di male? Non è mica che mordono. A volte sono tutto e solo ciò che il messaggio contiene e credetemi, in quel caso è un gran sollievo.