giovedì 25 ottobre 2012

La carta d'identità

Adesso che posso dire da un pezzo di essere felicemente residente, sono andata in comune a rinnovare la carta d'identità.
Conscia del fatto che prima avrei dovuto andare dal fotografo a fare le foto in formato tessera (tre), ieri ho approfittato del momento esteticamente favorevole (nessun brufolo visibile), mi sono fatta i baffi, lavata accuratamente i capelli, sono andata a dormire presto la sera e poi ovviamente ho dormito malissimo per la tensione.
Stamattina avevo comunque un aspetto accettabile e delle occhiaie nella norma: mi sono fatta una maschera antistress che mi rendesse luminosa e idratata, mi sono pettinata (qualsiasi sia il significato di questa operazione applicato ai miei capelli), mi sono data un filo di rossetto e via, tutta graziosa, a piedi verso il comune. Lo studio fotografico è giusto lì vicino.

Nonostante sia il 25 ottobre la giornata è calda e umida, ancora da maniche corte. Arrivo dal fotografo sudata e ansante, pallida e sfatta, cerco di riprendermi, di darmi un tono, ma è tutto inutile: "si rilassi, stia sciolta" e mi ritrovo fra le mani delle foto segnaletiche di un mostro di Halloween.

Per carità, con i capelli in ordine...

Sconfortata entro in comune e attendo il mio turno; per fortuna non c'è quasi nessuno. Dico all'impiegata che devo rifare la carta di identità: quella vecchia è ancora valida ma intanto ho cambiato residenza. "È già residente qui?" mi chiede lei. Sbianco ulteriormente e mi precipito a garantirle di sì, sì, sì sono residente, residentissima.
Firmo il registro, compilo il modulo in cui dichiaro di non essere soggetta a restrizioni della libertà personale, dico che non voglio che mi mettano lo stato civile, ri-firmo, consegno la vecchia carta di identità.
L'impiegata la legge: "Capelli castani. Castani?"
"Sì, sono castani" dico io. Vuole che non lo sappia? Ho fatto la tinta dieci giorni fa e sul flacone c'era scritto 'castano scuro'. I miei capelli sono sempre stati castano scuro. Certo, con l'illuminazione da caverna platonica che c'è in ufficio anagrafe sembrano neri, ma sono castani.
"Mh" mi fa lei, poco convinta. Non si fida né di me né del signor Garnier.
Prosegue: "Occhi castano-verdi? Che vuol dire castano-verdi?"
"Dipende dalla luce: all'aperto d'estate sono verdi, verde oliva, se no tendono al castano, ma non è una cosa definita, a seconda della stagione cambiano"spiego sfoggiando una competenza da catalogo Pantone.
"Castano-verdi io non l'avevo mai sentito"fa quella, e mi fissa.
"Così è scritto" dico io, con solenne intonazione mosaica. Nel rapportarmi con la burocrazia ho imparato nel tempo che è assolutamente inutile addurre motivazioni empiriche o peggio ancora ragionamenti logici: bisogna attenersi a quanto già scritto da altri burocrati su documenti precedenti.
L'impiegata si convince, assume per buono il dato successivo (altezza cm 166) e mi stampa il cartoncino con i miei dati: "Controlli se è tutto giusto".
Controllo. Capelli castani, occhi castano-verdi, altezza cm 166, segni particolari nessuno... e c'è lo stato civile. Ma io non lo volevo!
Va be', pazienza, non cambia niente, ti vai a mettere a fare storie per una cosa del genere... in fondo è una notizia corretta.
Controllo anche gli altri dati: c'è il nome dei miei genitori.
"Il cognome di mia madre è sbagliato" dico io "Si chiama Schiavon, non Schiavone".
L'impiegata mi guarda con occhio sospettosissimo.
"Senza la 'e' finale" ribadisco.
Pausa di studio, come nei duelli dei film western.
"Schiavonnnn" ripete lei con lo stesso tono con cui avrebbe detto "Bin Laden".
"Sì" dico io. "Non Schiavone. Schiavon". È il cognome della mia mamma, mi ricordo qual è. Non aggiungo che a Padova è un cognome molto diffuso per non impelagarmi in un'altra discussione.
"Mh" mi fa lei, poco convinta "Ho corretto anche nell'archivio".
Con un altro sguardo sospettosissimo mi consegna la mia nuova carta di identità, sei euro e cinquanta, una firma, ringrazio, buona giornata e torno a casa.
Osservo. C'è lo stato civile con tanto di cognome del coniuge e il documento scade il 25 maggio 2023. Che Antonino non si azzardi a chiedere il divorzio prima di quella data, perché io la carta d'identità non la rifaccio manco se m'impicco.

martedì 16 ottobre 2012

Le quote rosa a posteriori


Un gruppo di studiose femministe si lamenta del fatto che, tra i nomi dei letterati italiani che i futuri insegnanti di scuola devono conoscere, figuri un solo nome femminile, quello di Elsa Morante. Uno su trentacinque. Dicono che si sarebbe potuto fare molto di più, inserire più nomi, e che anche negli altri campi non ci sia da sorridere a proposito della parità di genere.
Hanno scritto una lettera al ministro Profumo: la potete leggere qui.

Per quel che riguarda le scienziate, trovo sia piuttosto triste la rimozione del ruolo di personaggi come Ada Lovelace, Lise Meitner o Rosalind Franklin o anche di Jianxiong Wu in tempi più recenti; consola un po' sapere che nessuna persona sana di mente si immaginerebbe di applicare una damnatio memoriae su due figure come Maria Curie o Emmy Noether, che per fortuna stanno lì e giganteggiano nella storia della fisica e della matematica dell’ultimo secolo.
È vero - qui le studiose mi trovano perfettamente d’accordo - che tralasciare la conoscenza e l’importanza del movimento femminista nel Novecento mutila di fatto una parte notevole della storia contemporanea, ma per quanto riguarda la letteratura e la filosofia è nominata una sola donna in sette secoli non per cattiveria ma perché fino a cinquant'anni fa le donne italiane erano nella quasi totalità relegate a fare la calza e a occuparsi dei bambini, senza accesso a un'istruzione decente, e hai voglia in quelle condizioni a produrre cultura di un certo peso, anche per una mera questione probabilistica; che dobbiamo fare? inserire dei nomi a forza? davvero sarebbe utile? con tutta la buona volontà, nel cercare rappresentanti - poniamo- della letteratura italiana del Cinquecento io non me la sentirei di mettere una Gaspara Stampa al livello di un Torquato Tasso o di un Ludovico Ariosto.
Va quasi peggio se pensiamo alle filosofe. Uscendo dall’Italia (ove si fatica a trovarne anche di maschi) che abbiamo? Qualcosa nell’antichità, Aspasia di Mileto, Ipazia, per poi scorrere secoli e secoli prima di arrivare a Ildegarda di Bingen, e approdare infine a tempi più recenti quando, uscite dal ruolo di angeli del focolare, sono arrivate finalmente Simone Weil, Simone de Beauvoir, Hannah Arendt.
Magari a quella lista di letterati e letterate italiane si sarebbero potute aggiungere Sibilla Aleramo, Grazia Deledda o Natalia Ginzburg, ma il problema sta con ogni evidenza a monte, ossia nella possibilità di accesso delle donne alla vita culturale. Lavoriamo su quello e non su uno sterile esercizio col bilancino tramite figure compensative, di qualsiasi calibro purché donne. Anzi, la penuria di figure di peso dovrebbe essere la prova migliore della necessità di lottare affinché vengano garantite a tutti pari opportunità. Non appena dai a tutti, maschi e femmine, le stesse possibilità di partenza ecco che d’incanto arrivano anche i risultati: applicare le quote rosa a posteriori mi sembra invece puro fanatismo autoreferenziale.

martedì 9 ottobre 2012

Movimento Cinque Vasche


Beppe Grillo attraversa lo Stretto a nuoto.

Anche perché se aspetta un traghetto sta fresco.
Ma bando al vezzo femmineo di lamentarsi! Si celebri con adeguati toni l'impresa arditissima!
Eia eia, Beppe! Nella migliore tradizione dei supremi capi nuotatori e di quanti posero il proprio corpo a suggello della propria politica. Se ne elenchi l'invitta schiera di audaci ad imperituro monito per la gioventù: il pur comunista Mao sul fiume Yangtsi, l'indomito Vladimiro Putin in un lago siberiano, il Duce nel nostro italico mare, il franco Giovanni Maria LePen nelle acque di Nizza!

Ed ora risponda, l'incredulo lettore che pur si ricorda d'esser figlio de'figli d'Enea, sì avvezzo alle licenziose miserie affastellate sui quotidiani e ben poco, invece, alle imprese degne degli eroi.

S'è mai visto un Mario Monti sfidare le avversità d'un simile mare, in una stagione già più incline alla rassicurante coperta di lana, mi si scusi, d'orbace, sulle ginocchia innanzi al camino? Giammai! Il borghese Mario Monti al massimo si diletterà fra debosciati spruzzi d'acqua dolce e miasmi d'alchemico cloro a sciaguattar nelle piscine del Circolo Rotariano di Varese, per poi tediarci con le sue analisi grigie d'economista sordo alle passioni dei popoli.

Tremino pure e s'indignino, ora, i pavidi accoliti della democrazia! Perché Egli non è come un Mario Monti!
Egli no! Si tufferà, tacito ed invisibile come un sommergibile! Egli affronterà lo Stretto, novello Ulisse, novello condottiero! E dimostrerà la sua tempra d'uomo, d'uomo e non di tecnico imposto dalle congiure meschine dei Bilderberghi in combutta con quel che fu l'alleato teutonico, ora convertito dai gagliardi birrifici batavi alle sordide velleità liberiste del mercato nuovaiorchese!
Egli, giunto alfine sulle coste sicule, si scrollerà virilmente di dosso le gocce del salso avversario, mostrerà le cicatrici dell'incontro con Scilla e Cariddi, si metterà le scarpe e correrà, come un podista, il core impavido d'un Dorando Pietri, ma le gambe d'acciaio e i polmoni fortissimi dell'uomo di domani, mentre ali di folla festante ne saluteranno il passaggio e le imprese atte a rinfrancare le sorti dell'Italiano avvilito dalla sferza della finanza albionica, massonica e giudaica.
Vincere, vincere, vincere! E vinceremo in terra, in cielo e in mare! È la parola d'ordine d'una suprema volontà.

Quella di Casaleggio.