domenica 16 ottobre 2016

Nematodi a San Guido

Dunque, poesia.
Come più o meno tutti, sono stata introdotta alla poesia durante gli anni della scuola elementare, coi gabbiani balenanti in burrasca di Vincenzo Cardarelli, che me la ricordo ancora a memoria, era una poesia che cominciava così "Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace" e io ero scattata su con la mia vocina petulante e avevo detto "in discarica", e con questo fine di Vincenzo Cardarelli. 
Poi s'è arrivati a Carducci, vuoi che nel cursus studiorum dell'alunno manchi Carducci, e quindi via coi cipressi alti e schietti, che il cipresso è una pianta poetica, più avanti gli mettono sotto anche le urne confortate di pianto che a egregie cose il forte animo accendono, ma quello è Foscolo e quindi non c'entra coi cipressi alti e schietti di cui voglio raccontare.
Insomma, sta di fatto che ci sono questi cipressi in duplice filar che vanno da San Guido a Bolgheri, e il buon Giosuè ci passa sotto, e sapete come sono fatti i cipressi, sono alti (e schietti), gli ballonzola la cima nel vento, nel maestrale che soffia dal mare (e il mare ci urla e biancheggia, ma anche quella è un'altra poesia, andiamo avanti). E i cipressi vedono Giosuè Carducci e gli parlano, e lui dice che gli alberi gli spenzolano addosso e gli sussurrano delle cose, la poesia dice "Bisbigliaron vèr' me co 'l capo chino", e io lì, mi ricordo, andai in crisi, perché che cos'era questo verme col capo chino, me la fecero anche fare la parafrasi, "ver" vuol dire "verso", lo devi troncare per questioni di metro, così fanno i poeti, va bene, ma ormai il danno era fatto, e io ho passato l'infanzia vedendomi Carducci inseguito da un verme col capo chino, una specie di grosso lombrico afflitto che strisciava per la campagna con la testa reclinata in uno spleen incoercibile, che anche quello volendo era poesia, a modo mio, che poi mi viene un ghigno pio come il dì cadente tutte le volte che ci penso.

mercoledì 5 ottobre 2016

Nobel 2016

I sonetti dei premi Nobel scientifici 2016. (Gli altri non li faccio: quello per l'economia non è un vero Nobel, quello per la pace è spesso incomprensibile, e quello per la letteratura tanto non lo danno mai a Philip Roth e ne sono mortalmente offesa.)


MEDICINA

Si premia questa volta la scoperta
che cellulare norma un istituto.
La cellula si mangia il contenuto:
d’autofago mestiere si disserta.

Quale sia il modo in cui ciò si concerta
tra i geni finalmente s’è veduto:
dal lievito che in birra vien bevuto
la spiegazione n’è riuscita certa.

Così la cellula prende se stessa,
ricicla il suo ripieno ed i costumi,
così risponde alle varie infezioni;

nei mali il degradar poi c’interessa,
e ce lo dice Yoshinori Ohsumi,
quando il processo cade in mutazioni.


FISICA

A tre britanni si vuole che sia
il premio consegnato per quest’anno.
Si valuta il lavoro che i tre fanno:
la fisica che va in topologia.

Si scopre di materia la malia,
la matematica spiega (l’osanno!),
di transizioni di fase l’affanno,
e s’applica con la tecnologia.

Di superfluidi pertanto s’è detto,
di quel che c’è nell’intima struttura,
di quanto si conduce nelle bande,

di condensati e del loro concetto:
di come occhieggia l’intera natura
a topologiche grandi domande.


CHIMICA

S’ingegna la natura nel fornire
molecole legate covalenti:
i chimici propongono cimenti
d’una diversa maniera d’unire.

Meccanici legami, non per dire,
sarebbero stimati qual portenti!
E quindi siatene tutti contenti:
che in tre pur ci dovevano riuscire

e questi li si premia per la classe.
L’uno li fece su ioni di rame,
ne vennero catene di spessore;

un altro fa gli anelli su di un asse,
il terzo sperimenta quel legame
e da molecole forma un motore.