mercoledì 28 novembre 2012

Fragole

Dev'essere che invecchio.
Ieri sera mi trovo ad ascoltare un discorso di una ragazzetta diciottenne a un suo amico.
A scuola della ragazzetta stanno facendo l'occupazione: "Io vado solo a fare registrare la mia presenza e dopo esco. La preside ha fatto venire la polizia, ma ti pare giusto? Allora sono andata dal poliziotto e gli ho detto ma scusi, le sembra giusto che con tutti i problemi che ci sono vi dovete occupare di noi?"
Il suo amico approva la lamentela della ragazzetta.

Le regole sono quel fatto astratto che si applica alla vita degli altri. Taccio annichilita perché so già che se provo a dire qualcosa mi guarderanno come si guarderebbe un paracarro che si mettesse a recitare le tabelline. E penseranno che dev'essere che invecchio.

Questa da un punto di vista civico è già carne morta.
E ha diritto di voto.

E mastica una dozzinale gomma alla fragola sulle mie orecchie incolpevoli e urbane.

Ho paura.

giovedì 25 ottobre 2012

La carta d'identità

Adesso che posso dire da un pezzo di essere felicemente residente, sono andata in comune a rinnovare la carta d'identità.
Conscia del fatto che prima avrei dovuto andare dal fotografo a fare le foto in formato tessera (tre), ieri ho approfittato del momento esteticamente favorevole (nessun brufolo visibile), mi sono fatta i baffi, lavata accuratamente i capelli, sono andata a dormire presto la sera e poi ovviamente ho dormito malissimo per la tensione.
Stamattina avevo comunque un aspetto accettabile e delle occhiaie nella norma: mi sono fatta una maschera antistress che mi rendesse luminosa e idratata, mi sono pettinata (qualsiasi sia il significato di questa operazione applicato ai miei capelli), mi sono data un filo di rossetto e via, tutta graziosa, a piedi verso il comune. Lo studio fotografico è giusto lì vicino.

Nonostante sia il 25 ottobre la giornata è calda e umida, ancora da maniche corte. Arrivo dal fotografo sudata e ansante, pallida e sfatta, cerco di riprendermi, di darmi un tono, ma è tutto inutile: "si rilassi, stia sciolta" e mi ritrovo fra le mani delle foto segnaletiche di un mostro di Halloween.

Per carità, con i capelli in ordine...

Sconfortata entro in comune e attendo il mio turno; per fortuna non c'è quasi nessuno. Dico all'impiegata che devo rifare la carta di identità: quella vecchia è ancora valida ma intanto ho cambiato residenza. "È già residente qui?" mi chiede lei. Sbianco ulteriormente e mi precipito a garantirle di sì, sì, sì sono residente, residentissima.
Firmo il registro, compilo il modulo in cui dichiaro di non essere soggetta a restrizioni della libertà personale, dico che non voglio che mi mettano lo stato civile, ri-firmo, consegno la vecchia carta di identità.
L'impiegata la legge: "Capelli castani. Castani?"
"Sì, sono castani" dico io. Vuole che non lo sappia? Ho fatto la tinta dieci giorni fa e sul flacone c'era scritto 'castano scuro'. I miei capelli sono sempre stati castano scuro. Certo, con l'illuminazione da caverna platonica che c'è in ufficio anagrafe sembrano neri, ma sono castani.
"Mh" mi fa lei, poco convinta. Non si fida né di me né del signor Garnier.
Prosegue: "Occhi castano-verdi? Che vuol dire castano-verdi?"
"Dipende dalla luce: all'aperto d'estate sono verdi, verde oliva, se no tendono al castano, ma non è una cosa definita, a seconda della stagione cambiano"spiego sfoggiando una competenza da catalogo Pantone.
"Castano-verdi io non l'avevo mai sentito"fa quella, e mi fissa.
"Così è scritto" dico io, con solenne intonazione mosaica. Nel rapportarmi con la burocrazia ho imparato nel tempo che è assolutamente inutile addurre motivazioni empiriche o peggio ancora ragionamenti logici: bisogna attenersi a quanto già scritto da altri burocrati su documenti precedenti.
L'impiegata si convince, assume per buono il dato successivo (altezza cm 166) e mi stampa il cartoncino con i miei dati: "Controlli se è tutto giusto".
Controllo. Capelli castani, occhi castano-verdi, altezza cm 166, segni particolari nessuno... e c'è lo stato civile. Ma io non lo volevo!
Va be', pazienza, non cambia niente, ti vai a mettere a fare storie per una cosa del genere... in fondo è una notizia corretta.
Controllo anche gli altri dati: c'è il nome dei miei genitori.
"Il cognome di mia madre è sbagliato" dico io "Si chiama Schiavon, non Schiavone".
L'impiegata mi guarda con occhio sospettosissimo.
"Senza la 'e' finale" ribadisco.
Pausa di studio, come nei duelli dei film western.
"Schiavonnnn" ripete lei con lo stesso tono con cui avrebbe detto "Bin Laden".
"Sì" dico io. "Non Schiavone. Schiavon". È il cognome della mia mamma, mi ricordo qual è. Non aggiungo che a Padova è un cognome molto diffuso per non impelagarmi in un'altra discussione.
"Mh" mi fa lei, poco convinta "Ho corretto anche nell'archivio".
Con un altro sguardo sospettosissimo mi consegna la mia nuova carta di identità, sei euro e cinquanta, una firma, ringrazio, buona giornata e torno a casa.
Osservo. C'è lo stato civile con tanto di cognome del coniuge e il documento scade il 25 maggio 2023. Che Antonino non si azzardi a chiedere il divorzio prima di quella data, perché io la carta d'identità non la rifaccio manco se m'impicco.

martedì 16 ottobre 2012

Le quote rosa a posteriori


Un gruppo di studiose femministe si lamenta del fatto che, tra i nomi dei letterati italiani che i futuri insegnanti di scuola devono conoscere, figuri un solo nome femminile, quello di Elsa Morante. Uno su trentacinque. Dicono che si sarebbe potuto fare molto di più, inserire più nomi, e che anche negli altri campi non ci sia da sorridere a proposito della parità di genere.
Hanno scritto una lettera al ministro Profumo: la potete leggere qui.

Per quel che riguarda le scienziate, trovo sia piuttosto triste la rimozione del ruolo di personaggi come Ada Lovelace, Lise Meitner o Rosalind Franklin o anche di Jianxiong Wu in tempi più recenti; consola un po' sapere che nessuna persona sana di mente si immaginerebbe di applicare una damnatio memoriae su due figure come Maria Curie o Emmy Noether, che per fortuna stanno lì e giganteggiano nella storia della fisica e della matematica dell’ultimo secolo.
È vero - qui le studiose mi trovano perfettamente d’accordo - che tralasciare la conoscenza e l’importanza del movimento femminista nel Novecento mutila di fatto una parte notevole della storia contemporanea, ma per quanto riguarda la letteratura e la filosofia è nominata una sola donna in sette secoli non per cattiveria ma perché fino a cinquant'anni fa le donne italiane erano nella quasi totalità relegate a fare la calza e a occuparsi dei bambini, senza accesso a un'istruzione decente, e hai voglia in quelle condizioni a produrre cultura di un certo peso, anche per una mera questione probabilistica; che dobbiamo fare? inserire dei nomi a forza? davvero sarebbe utile? con tutta la buona volontà, nel cercare rappresentanti - poniamo- della letteratura italiana del Cinquecento io non me la sentirei di mettere una Gaspara Stampa al livello di un Torquato Tasso o di un Ludovico Ariosto.
Va quasi peggio se pensiamo alle filosofe. Uscendo dall’Italia (ove si fatica a trovarne anche di maschi) che abbiamo? Qualcosa nell’antichità, Aspasia di Mileto, Ipazia, per poi scorrere secoli e secoli prima di arrivare a Ildegarda di Bingen, e approdare infine a tempi più recenti quando, uscite dal ruolo di angeli del focolare, sono arrivate finalmente Simone Weil, Simone de Beauvoir, Hannah Arendt.
Magari a quella lista di letterati e letterate italiane si sarebbero potute aggiungere Sibilla Aleramo, Grazia Deledda o Natalia Ginzburg, ma il problema sta con ogni evidenza a monte, ossia nella possibilità di accesso delle donne alla vita culturale. Lavoriamo su quello e non su uno sterile esercizio col bilancino tramite figure compensative, di qualsiasi calibro purché donne. Anzi, la penuria di figure di peso dovrebbe essere la prova migliore della necessità di lottare affinché vengano garantite a tutti pari opportunità. Non appena dai a tutti, maschi e femmine, le stesse possibilità di partenza ecco che d’incanto arrivano anche i risultati: applicare le quote rosa a posteriori mi sembra invece puro fanatismo autoreferenziale.

martedì 9 ottobre 2012

Movimento Cinque Vasche


Beppe Grillo attraversa lo Stretto a nuoto.

Anche perché se aspetta un traghetto sta fresco.
Ma bando al vezzo femmineo di lamentarsi! Si celebri con adeguati toni l'impresa arditissima!
Eia eia, Beppe! Nella migliore tradizione dei supremi capi nuotatori e di quanti posero il proprio corpo a suggello della propria politica. Se ne elenchi l'invitta schiera di audaci ad imperituro monito per la gioventù: il pur comunista Mao sul fiume Yangtsi, l'indomito Vladimiro Putin in un lago siberiano, il Duce nel nostro italico mare, il franco Giovanni Maria LePen nelle acque di Nizza!

Ed ora risponda, l'incredulo lettore che pur si ricorda d'esser figlio de'figli d'Enea, sì avvezzo alle licenziose miserie affastellate sui quotidiani e ben poco, invece, alle imprese degne degli eroi.

S'è mai visto un Mario Monti sfidare le avversità d'un simile mare, in una stagione già più incline alla rassicurante coperta di lana, mi si scusi, d'orbace, sulle ginocchia innanzi al camino? Giammai! Il borghese Mario Monti al massimo si diletterà fra debosciati spruzzi d'acqua dolce e miasmi d'alchemico cloro a sciaguattar nelle piscine del Circolo Rotariano di Varese, per poi tediarci con le sue analisi grigie d'economista sordo alle passioni dei popoli.

Tremino pure e s'indignino, ora, i pavidi accoliti della democrazia! Perché Egli non è come un Mario Monti!
Egli no! Si tufferà, tacito ed invisibile come un sommergibile! Egli affronterà lo Stretto, novello Ulisse, novello condottiero! E dimostrerà la sua tempra d'uomo, d'uomo e non di tecnico imposto dalle congiure meschine dei Bilderberghi in combutta con quel che fu l'alleato teutonico, ora convertito dai gagliardi birrifici batavi alle sordide velleità liberiste del mercato nuovaiorchese!
Egli, giunto alfine sulle coste sicule, si scrollerà virilmente di dosso le gocce del salso avversario, mostrerà le cicatrici dell'incontro con Scilla e Cariddi, si metterà le scarpe e correrà, come un podista, il core impavido d'un Dorando Pietri, ma le gambe d'acciaio e i polmoni fortissimi dell'uomo di domani, mentre ali di folla festante ne saluteranno il passaggio e le imprese atte a rinfrancare le sorti dell'Italiano avvilito dalla sferza della finanza albionica, massonica e giudaica.
Vincere, vincere, vincere! E vinceremo in terra, in cielo e in mare! È la parola d'ordine d'una suprema volontà.

Quella di Casaleggio.

mercoledì 26 settembre 2012

Una modesta proposta

Una modesta proposta per evitare che le liti tra autori e critici siano un peso per i lettori e per il Paese, e per renderle un beneficio per l'umanità.


È cosa ben triste, per quanti passano per queste città e viaggiano per il nostro Paese, vedere le strade, sia in città, sia fuori, e i circoli letterari, e le sale di lettura, e le sedi di premi, affollate da scrittori che pietiscono di essere letti, vestiti di dolcevita esistenzialisti e giacche con le toppe sulle maniche e che importunano così i potenziali lettori.
Questi scrittori, invece di avere la possibilità di lavorare e di guadagnarsi onestamente da vivere, sono costretti a passare tutto il loro tempo a elemosinare royalties per i loro infelici ego, o a darsi alla carriera come impiegati pubblici o insegnanti per mancanza di lavoro, o a lasciare il loro amato Paese natio per andarsene a Parigi o in Sudamerica, o ad offrirsi in vendita ai talk show.
Penso che tutti i partiti, o quel che ne resta, siano d'accordo sul fatto che questi scrittori, in quantità enorme, costituiscono un serio motivo di lamentela, in aggiunta a tanti altri, nelle attuali deplorevoli condizioni culturali di questa Repubblica.
Vediamo inoltre che in aggiunta a questi malnati che pur s'affannano a mendicare il pane col proprio corpo, v'è una pletora di critici parimenti affamati, mercenari al soldo di questo o quell'editore, o ancora liberi venditori della propria opera, che ad altro non ambiscono se non a pascersi del sangue e degli umori del derelitto scrivano di cui sopra s'è detto. Ventri e coscienze altrettanto colpiti dall'inedia e dall'indifferenza, essi rovesciano sulle proprie vittime un livido rancore che non s'alimenta che di se medesimo, scorrendo a fiumi in elzeviri già vetusti quando ancora si trovano nelle rotative.

Ritengo pertanto che chiunque sapesse trovare un modo onesto, facile e poco costoso, atto a rendere entrambe queste figure parte sana e utile della comunità, acquisterebbe tali meriti presso l'intera società, che gli verrebbe innalzato un monumento come salvatore del paese.
Per parte mia, dopo aver riflettuto per molti anni su questo tema importante ed aver considerato attentamente i vari progetti esaminati da altri, mi sento in dovere di fare la seguente considerazione.
Di solito si calcola che la popolazione di questo Paese sia attorno ai sessanta milioni, dei quali pochissimi leggono più di un libro all'anno, e dei quali però un numero ben più copioso scrive opere proprie o critica opere altrui. È invero da ambo le parti un numero esagerato, enfio di probabili nequizie, foriero di un'esecranda lotta fra poveri alla ricerca di un posto di rilievo nella vita letteraria nazionale, a prescindere dall'eventuale capacità, talento o disciplina. Detti personaggi, come la fallimentare esperienza rivoluzionaria cinese ci insegna, non possono essere nemmeno efficacemente riconvertiti alla pratica agricola, e altro non è dato da fare se non dolersi miseramente, nella vana e religiosa speranza di trasformare gli uni in epigoni di Philip Roth e gli altri in validi simulacri di Harold Bloom.
Io quindi presenterò ora, umilmente, la mia proposta che, voglio sperare, non solleverà la minima obiezione.

Con opportuna modifica del codice penale, studiata nei dettagli dall'aristocrazia forense che di pari non difetta a questo Paese, si introduca l'obbligo inderogabile del duello all'alba fra critici e autori, fatta salva la scelta dell'arma da approvarsi a seconda della precipua inclinazione alla belligeranza degli uni e degli altri, tra armi da fuoco, da taglio o d'altro tipo. La legge disciplinerà i modi d'uso nei duelli con il fioretto, la sciabola, la spada, per i più aristocratici, il mazzafrusto o l'alabarda per i più intrepidi ed originali, l'archibugio, la colubrina o la spingarda per gli inveterati passatisti, a ciascuno il suo, secondo il diletto e il gusto dei contendenti: sia solo ben chiaro ai duellanti che lo scontro s'intenderà sempre all'ultimo sangue, allo scopo di rovesciare infine l'usato proverbio secondo il quale ne uccide più la penna che la spada.
In tal modo non solo si libererà il Paese di un cospicuo numero di scriventi e criticanti; ma, con l'istituzione di un apposito registro dei cronisti autorizzati a render pubblico conto delle fasi del duello, si darà anche nuova linfa al mai troppo rimpianto genere del romanzo di cappa e spada.

Dichiaro con tutta la sincerità del mio cuore che non ho il minimo interesse personale a cercare di promuovere quest'opera necessaria e che non mi muove altro motivo che il bene generale del mio Paese nel miglioramento della nostra letteratura e della nostra critica.

In fede,

Elena Tosato




(tanto Swift è morto e non può più denunciarmi per plagio)

mercoledì 15 agosto 2012

Storie credibili

Il Papa si è espresso oggi sul dogma dell'assunzione di Maria.
Ha detto che Maria è stata assunta in cielo, ma che non è su una galassia.
E va bene. Curiosity può restare tranquilla su Marte. Anche quelli del SETI possono dormire fra due cuscini. Niente Space Oddity.
"This is Holy Mom to ground control,
I'm stepping through the door
And I'm floating in the most peculiar way
And the stars look vero different today"…

Ma se non è fisicamente su una galassia, il corpo assunto, allora dov'è? 

Sento che sta per arrivare un qualche proclama ex cathedra, una bolla papale featuring NASA.


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Avviso intanto i naviganti che le terzine sull'inferno del Trota, insieme a un altro mio racconto, sono online sull'ultimo numero di LeMag, il magazine di Storie.

Qui l'indirizzo
http://www.storie.it/lemag.html

venerdì 3 agosto 2012

Modello semi-empirico e semi-serio di economia matematica classista per la definizione e la calibrazione di “persona degna di stima”

di Elena Tosato, cittadina elettrice
sinistra depressa ma dignitosa


Premessa

L’elaborazione di questo modello, tuttora in fase di bozza, si rende necessaria per analizzare il comportamento sociale nella prospettiva ClasSin(U) (comunemente detta “visione dell’Umanità da una prospettiva che sia classista, pauperista, paranoica, di sinistra, vagamente onfaloscopica e autocompiacente, come problematica degenerazione del mito del buon selvaggio”, drammatico frutto dello scimmiottamento della borghesia da parte del proletariato, che s’è ridotto ad assumere come modello interpretativo un classismo speculare a quello che lo vede storicamente vittima, in una riduzione marxista-dickensiana della faccenda)(*). La speranza è che il modello serva a capire meglio il funzionamento della prospettiva ClasSin(U) e a cautelarsi quando dovesse capitare un’altra volta che un governo venga sfiduciato su una questione come quella delle 35 ore (Bertinotti et al., 1998), o si creino situazioni comunque imbarazzanti (Turigliatto et al., 2007) essendo già più che sufficiente il disastro provocato dalle prospettive note con i nomi di Mercimonio(U) (si vedano De Gregorio, 2006Scilipoti, 2010), Ceppaloni(U) (modello ricorsivo), ExRadical(U) (Rutelli, Capezzone et al. tuttora in fase di stampa) (**), MaAnche(U) e soprattutto Teodem(U) (qui la bibliografia è sterminata almeno quanto il nocumento, ndA), anche al fine di evitare derive perniciose verso la prospettiva antiscientifica ed eversiva Vaffa(U).
Per una visione generale del contesto si faccia riferimento al sempre ottimo C.M. Cipolla, Allegro ma non troppo, Il Mulino 1988.


Modello per la definizione e la calibrazione di “persona degna di stima”

Nella prospettiva ClasSin(U), sia U l’insieme di tutti gli esseri umani (***); sia x il generico elemento di U e sia v in U il termine di confronto scelto come rappresentativo della classe ClasSin(U).
Si definiscano le seguenti funzioni.

i: (funzione ISEE da U in Q+, insieme dei numeri razionali positivi) associa ad ogni x il suo valore ISEE (per la definizione e il calcolo di i(x) rivolgersi a un CAF. Non a un commercialista, perché lì ci vanno i borghesi.)
Alla funzione ISEE è associata, nelle versioni avanzate del modello, l’introduzione del Fattore di Potere Sociale. È noto infatti che man mano che una persona acquisisce potere sociale, la sua stimabilità intrinseca diminuisce e aumenta il suo ISEE percepito. 
F- il fattore di potere sociale - è misurato in una scala da 1 a infinito, ove 1 rappresenta il potere minimo, ossia la semplice autodeterminazione di x, l’infinito il potere divino e il generico valore n è dato dal numero di persone potenzialmente controllabili o influenzabili da x; il vero valore di i(x) va quindi riparametrizzato moltiplicando il valore i(x) calcolato dal CAF per il fattore Fp.

In formule, i(x) = iCAF(x)* Fp

Per definizione si pone Fp (v)=1, ossia il nostro termine di confronto ha potere sociale solo su se stesso, anche se naturalmente meriterebbe molto di più e se ciò non accade è solo per contingenze di natura sociale e economica (quest’ultima considerazione è detta Principio di Massima Paranoia o Legge della Vittima A Priori). 

man: (funzione manualità da U a [-1,1]) associa ad ogni x il valore della manualità del suo lavoro, secondo la definizione man(x) = (ore di lavoro manuale di x - ore di lavoro intellettuale di x)/(ore lavorative settimanali totali di x). Nel caso in cui x sia disoccupato, in mobilità, in cassa integrazione o lavori in nero come dipendente si assume arbitrariamente il valore 1. Se x è in pensione si considera il valore assunto durante la vita lavorativa, moltiplicato per gli anni di contributi, diviso per il numero massimo di anni di contributi consentito dalla normativa vigente al momento del pensionamento, ossia per esempio, se x è maschio: 
man(x in pensione) = man(x quando lavorava) * anni di contributi/40. 
Nel caso x abbia lavorato come dipendente alcuni anni in nero a causa delle vessazioni del datore di lavoro (padrone), tali anni vengono considerati anni di contributi, fino a un totale massimo di 40; se in ogni caso il totale eccede il valore 40, man(x) viene assunto arbitrariamente pari a 1, che è il valore massimo per la funzione man.
Nel caso x lavori in proprio, il valore della funzione man(x) precedentemente ottenuto viene dimezzato, in aderenza alla Legge della Sacralità Contrattuale che nella sua versione originaria recita: "La dignità del lavoratore è massimizzata se vincolata ad un contratto di lavoro dipendente".

[Nota giuslavorista: detta legge è stata emendata e riformulata in seguito alle ultime riforme del lavoro e al fiorire di nuove tipologie contrattuali. La versione aggiornata al 2012 recita: "La dignità del lavoratore è minimizzata dal lavoro autonomo propriamente detto."]



asoc: (funzione asocialità da U in Q, insieme dei numeri razionali) associa ad ogni x il valore del suo essere contro il sistema, secondo la formula: 
asoc(x) = (percentuale di identificazione all’interno di un gruppo minoritario in lotta con il mondo)*(1+numero di segnalazioni alla questura per motivi riconducibili alla propria attività politica)*(coeff.pol.)
ove coeff.pol. è il coefficiente politico e vale +1 se x è approvato da v, -1 altrimenti.

Si considerino ora i seguenti sottoinsiemi propri di U.

Ui = {x in U tali che i(x)≤i(v)} (persone che hanno al massimo i soldi che ha v; qualora si tenga conto di Fp l’insieme include le persone che inoltre hanno al massimo il suo potere sociale)
Um = {x in U tali che 2man(x)≥man(v)} (persone che fanno un lavoro manuale almeno la metà di quello di v)
Ua = {x in U tali che asoc(x)≥asoc(v)} (persone contro il sistema e i padroni almeno quanto v)

Un’implementazione del modello, necessaria per tener conto dei dati sperimentali, prevede l’introduzione dell'importantissimo fattore anagrafico Fa (ovverosia gli anni di x in rapporto agli anni di v o più probabilmente in rapporto all'età della ragione, stabilita arbitrariamente in 45 anni): nonostante le prediche sui pochi diritti dei giovani precari, una persona più anziana è generalmente più degna di stima di un giovane, che è intrinsecamente debosciato perché non ha fatto la guerra, e nemmeno il '68, e nemmeno il '77, e nemmeno si ricorda della marcia dei quarantamila o del referendum per la scala mobile, insomma niente di niente, e ancora sta qui a pretendere di parlare. Ai miei tempi avevano più rispetto, signora mia!

Questo fattore influenza l'ultima delle diseguaglianze precedenti, noi proponiamo in tal modo:

Ua={x in U tali che [ Fa* asoc(x)] ≥ asoc(v)}

cioè a una persona più anziana è concesso di essere meno antisociale, perché in tal caso    Fa >1 e il prodotto Fa*asoc(x) può superare asoc(v) anche se asoc(x)<asoc(v).
A un giovane, invece, è dato conto che deve scontare il fatto di essere giovane, quindi gli si richiede una belligeranza maggiore.

Stanti queste premesse vale la seguente:

x in U si definisce “persona degna di stima” solo se appartiene all’intersezione di Ui, Um e Ua.
L’appartenenza a tale intersezione è cioè una condizione necessaria, ma non sufficiente: l’essere persona degna di stima implica l’appartenenza a tale intersezione, ma non vale il viceversa.
La stimabilità di x è data dal valore della funzione stim(x) := i(x)*man(x)*asoc(x)

Da cui seguono immediatamente i lemmi:

1. Esistono persone nell’intersezione che però non sono degne di stima.
2. Non esistono persone degne di stima al di fuori di tale intersezione: il massimo che si può fare con costoro è tollerarli e stringerci accordi in determinate circostanze.

Si aggiunga, per completezza, anche la definizione di

Invidia sociale di y rispetto a x
Invx(y) := (par.soc.ec.)/[(stim(x))*(autostima di y)]

ove par.soc.ec. è un parametro socio economico dipendente dalle contingenze socio economiche in cui x e y vivono.
È relativamente basso se le condizioni socio economiche sono buone, alto altrimenti. In tempi di crisi il suo valore cresce esponenzialmente in funzione del tempo. Il valore a t=0 viene determinato empiricamente interpolando l'andamento dei mercati con quello del carrello istat.

Come venticinquesimo problema di Hilbert si avanza inoltre la seguente

Congettura di esistenza di una persona degna di stima:
Esiste almeno una persona degna di stima.

Un tentativo di dimostrazione sfrutta l’assioma della scelta e si riduce a dimostrare l'esistenza di v.



Postilla:

Solo in determinati casi, la cui sporadicità non inficia la validità del modello, un alto valore di asoc(x) può far sì che il computo di man(x) e di i(x) diventi ininfluente ai fini della determinazione di stim(x). Tali casi vanno studiati uno per uno sulla falsariga dei modelli Subcomandantemarcos, Naomiklein o Cardinalmartini, già oggetto di letteratura specifica.

Un'implementazione paranoica del modello vede la formulazione dell'importante
Legge di accerchiamento sociale:
Le persone non degne di stima generalmente stanno complottando ai danni di v al fine di spartirsi il potere mondiale in combutta con le Banche, la Finanza e i Bilderberg, e del resto il fine ultimo della loro esistenza è danneggiare v.



(*) nemmeno Vendola l'avrebbe saputo dire così.
(**)  Alcuni autori considerano ExRadical(U), così come Ceppaloni(U), un sottogruppo di Mercimonio(U); ai fini di questo lavoro la distinzione è irrilevante.
(***) il che, come è noto dalle basi teoriche del modello di prospettiva ClasSin(U), esclude fascisti, celerini e Confindustria.


©Elena Tosato 2012.

mercoledì 1 agosto 2012

Poesia scientifica del 2012

Il decadimento alfa nel Radio 226


Terros'alcalino fu quel metallo
la cui barriera -Coulomb ce lo disse-
dall'ultimo orizzonte l'alfa esclude.
E poi pazientando, gl'interminati
spazi di là da quella, statistica
vuole che l'alfa raggiunga felice;
e 'l calcolar non fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come fugge
quell'alfa dal radio, tosto l'appello
decadimento: e ci sovviene il radon,
e le gran radiazioni, ed il presente
periglio, e il suon di lui. Così tra queste
immensità s'annega il pensier mio:
e il decader s'è fatto nel reattore.




© Elena Tosato (featuring Giacomo Leopardi) 2012

sabato 14 luglio 2012

Glenn Miller e le agenzie di rating

Anche Glenn Miller si esprime sulle agenzie di rating, l'economia e la finanza

(tanto ormai lo fanno tutti)


giovedì 5 luglio 2012

Il bosone di Higgs nel Cortile dei Gentili

Riceviamo e pubblichiamo un estratto dal Diario del Monsignore

Il sozzo manipolo di cenobiti scientisti, nel ventre della montagna svizzera, non a caso nella città di quel comunista di Rousseau, ce l'ha fatta. Apro il giornale e cosa vedo? La particella di Dio di qua, la particella di Dio di là. Tutti a parlare di un bosone! Tutti che discettano di Modello Standard!
E noi? Rischiamo una figuraccia se non stiamo sul pezzo, adesso! Sia anatema!

Ho subito contattato il mio referente, Monsignor R., perché si decida a organizzare al più presto un seminario al Cortile dei Gentili che tratti ampiamente del bosone di Higgs in modo da ascriverlo ai nostri meriti. Che si telefoni a quel moscio sbilenco di Armonio Uranico, il giovane fisico! Che si dia da fare! Altrimenti la sua unione con Eterea Flogista gliela faccio annullare dalla Sacra Rota, lo giuro su Dio, sul bosone e su tutto il gruppo di gauge SU(3)xSU(2)xU(1).

Mal che vada, si dica a Peter Higgs che gli apriamo un conto allo IOR.

Ho già pronta la scaletta per il seminario.
Per verificare se detto bosone è veramente meritevole dell'appellativo di "particella di Dio", si dovrà controllare se:
- è in grado di parlare trasformandosi in un roveto ardente
- è in grado di decadere in una particella consustanziale a se stesso
- il prodotto di tale decadimento si sacrifica per i nostri peccati, muore e poi dopo tre giorni, ma va bene anche un giorno e mezzo, risorge
- il bosone è in grado di fecondare fanciulle illibate
- esso è infinitamente buono, infinitamente giusto, eccetera
- la sua esistenza passa il vaglio della prova ontologica anselmiana e delle cinque vie di san Tommaso (non si aspetterà mica, questo bosone, che gli basti saltar fuori da un paio di esperimenti in Svizzera. Roba che Sua Santità licenzia tutte le guardie svizzere, per ripicca. Il bosone avrà pure le cinque sigma di confidenza, ma noi abbiamo Aristotele, lo Spirito Santo e Paolo Brosio. Tiè!)
- i suoi adoratori faranno uno scisma, e poi un altro scisma, e poi un altro scisma ancora, per vedere chi è più bosonico degli altri
- ci saranno morti e guerre in suo nome
- è possibile stabilire la bosonità di una cialda preventivamente consacrata
- è possibile che questo bosone venga a concorrere per l'otto per mille
- in base all'esistenza del bosone di Higgs si ricaverà im-pre-scin-di-bil-men-te che le donne non possono abortire, i coniugi non possono divorziare, gli omosessuali non possono sposarsi, i moribondi non possono chiedere l'eutanasia e nessuno, in ogni caso, può usare un profilattico.

mercoledì 27 giugno 2012

Meglio di Meg Ryan al ristorante

Stamattina leggo sul sito di Repubblica che è morta Nora Ephron, sceneggiatrice alla cui penna si devono film come "Harry ti presento Sally".
Decido dunque di omaggiarne la memoria condividendo su Facebook il video della famosa scena dell'orgasmo simulato al ristorante. Già che ci sono me lo riguardo. Tiè, volume a palla!
Sally: "Come ti comporti con queste donne? Ti alzi dal letto e te ne vai?"
Harry: "Certo!"
Sally: "Beh, spiegami bene come fai. Che racconti?"

In quel mentre suona il campanello. Esco dallo studio e vado nell'attiguo ingresso ad aprire la porta: è la donna delle pulizie. Dal computer dello studio, ovviamente, il video prosegue, Harry e Sally hanno smesso di chiacchierare e lei sta cominciando a dare il suo esempio di simulazione fono-erotica.
Volume adeguatamente alto, la donna delle pulizie che entra inesorabile, Meg Ryan, cioè Sally, che attacca "aaaah! ooooh! Siì!" io che impallidisco e cerco di coprire l'audio sciorinando a voce altissima delle cose inutili, insulse, casuali, tipo "la batracomiomachia transeunte del metaspazio che caldo che fa oggi, vero, è davvero caldo, però è anche una giornata ventilata, una volta qui era tutta campagna", e Meg Ryan, cioè sempre Sally, mi urla da dietro "aaaah, ooooh, sì, sì sì" e io a voce più alta "Naturalmente se la crisi dovesse perdurare nella catabasi dell'analisi con la cera d'api e sì il mare com'è bello il mare stamattiiiiina", provando acuti e sovracuti, e Meg Ryan "sì, ancora, ancora" e io proseguo sperando che quel maledetto video finisca prima che la donna delle pulizie si renda conto di qualcosa e prima che entro ventiquattr'ore tutto il paese sappia che io (che sono anche moglie di uno stimato professionista) passo il tempo a guardare film porno e non, come sarebbe più opportuno riferire, a desiderare lo stesso piatto che ha ordinato Sally.

martedì 19 giugno 2012

And all that jazz

Rilettura delle prime bozze: quando ti accorgi che dovrebbe venire qualcosa come le Argonautiche di Apollonio Rodio, ma con un tocco di Billy Wilder.

martedì 12 giugno 2012

L'ora migliore della mia giornata

Sveglia attorno alle sei. Per un'ora nessuno dei due si alza. È l'ora migliore. Chiacchieriamo. Dormicchiamo. Poi facciamo colazione gironzolando per casa; yogurt con i cereali, una tazza di tè. La lotta per il computer (io di solito perdo). Alle otto e mezzo rimango sola e rimetto ordine nella testa: lettura del Financial Times per darmi un tono, due parole in rete con amici lontani, sistemazione di lavori precedenti, stesura del Grande-Romanzo-Che-Potrebbe-Cambiarmi-La-Vita-Ma-Non-Lo-Farà, poi via, dietro alle pignatte. Pranziamo di nuovo insieme e subito dopo ci sdraiamo sul letto. Per un'ora nessuno dei due si alza. È l'ora migliore. Chiacchieriamo. Dormicchiamo. Alle tre rimango sola e rimetto ordine nell'ordine precedente: scambio di mail con quel tizio che una volta ha pagato e poi basta, impegno per un progetto domani forse che potrebbe anche pagare, lettura di un Grande-Romanzo-Scritto-Da-Altri-Che-Mi-Ha-Cambiato-Effettivamente-La-Vita, poi via, dietro alle pignatte di nuovo. Resta il tempo per un gelato, una passeggiata a due, la cena, e poi le tenerezze serali. Andiamo a letto presto, verso le dieci, e prima di dormire parliamo di cose belle e cose brutte, così, per un'ora o giù di lì: è l'ora migliore.



© ET 2012

lunedì 11 giugno 2012

Gaudino da Copula


"Così come era successo ad Ademato, mi trovavo in una grotta alle pendici di una montagna che gli abitanti del luogo chiamano Montevenere; da questa grotta si diceva si sentissero delle voci di spiriti o demoni. Non so come vi fossi arrivato; giacevo infatti stordito come da un lungo sonno, o inebriato da un vino dolcissimo. Quando mi svegliai mi accorsi d’essere incatenato e di non potermi muovere; l’oscurità era immensa attorno a me, e flebile e quasi vana arrivava a rischiarare l’antro la luce del sole. Accanto a me sedeva un uomo, che a causa del buio potevo vedere a stento; inoltre, il cappuccio del mantello gli copriva il volto per buona parte. Rifulgevano però nelle tenebre i sui occhi. Allora gli chiesi chi fosse, e mi rispose d’essere il filosofo Clitoride di Atene..."






(dai Dialogi di Gaudino da Copula, monaco benedettino vissuto a cavallo tra il XII e il XIII secolo, come riportati in "Dell'eterno titillare - Apologia di Clitoride di Atene", scaricabile in pdf cliccando qui )


© Elena Tosato 2011

venerdì 8 giugno 2012

Neanche l'Accademia della Crusca oserebbe tanto


Visto che negli ultimi mesi ho spesso usato il termine ma non l'ho mai definito compiutamente rimedio adesso alla mancanza.

Spacciaparole: (s.m e f.; spac-cia-pa-rò-le; plurale: spacciaparole): persona di inutile magniloquenza, incline a prolissi sofismi autoreferenziali, il cui maggior diletto è ascoltarsi parlare di qualsiasi argomento, ne abbia o meno competenza; ostenta in ciò idolatria per la semiotica, indifferenza per la sintassi e spregio per la semantica. Individuo  socialmente pericolosissimo e tipicamente anche noioso poiché privo, come tutti i fanatici, di sense of humor.

Il vademecum per riconoscere uno spacciaparole è, al solito, QUI


venerdì 1 giugno 2012

Che cosa bolle in pentola

Un poeta in crisi di identità e in fuga dal mondo. Due vecchi amici, Giovanni e Mimì, che partono alla sua ricerca per consegnargli un'eredità. Un viaggio lungo l'Italia tra personaggi improbabili, velleità, teste incattivite, merci a prezzo di saldo e sprazzi di tenerezza, per finire nella genesi di una tentata commedia o di un tentato futuro. Il tutto cercando di bilanciare ironia e disincanto e di far filare i dialoghi al ritmo di un'utilitaria sulla statale 16.

Questo e molto altro ancora, sotto il titolo provvisorio di "nulla da dire a parte il rumore".
A breve, se siete curiosi, qualche stralcio: per adesso ho concluso il quinto capitolo.

venerdì 25 maggio 2012

mercoledì 16 maggio 2012

Quando morirò

Quando, fra moltissimi anni, morirò, chiedo che il mio corpo venga cremato.
Raccogliete le mie ceneri in un dosatore e ogni tanto, a orari antipatici, spargetene un mucchietto davanti alla porta di quel maledetto rappresentante Folletto che mi avrà stressato per tutta la vita affinché io comprassi il suo indispensabile aspirapolvere.
Entrategli in casa alle sei del mattino, spargete la mia cenere sul tappeto del soggiorno, sotto i mobili della cucina, sotto il letto, negli angoli, negli interstizi. E poi costringetelo a darmi l'ultima dimostrazione di come è meraviglioso il suo aspirapolvere, oh come non potrà mai farne a meno, signora, anche in comode rate mensili, le lascio il mio biglietto, mi chiami quando vuole.

mercoledì 9 maggio 2012

Sbronze



Premessa: reggo poco l'alcol. Ma davvero poco. Mio marito è uno di quelli che potrebbero vantarsi di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per questo motivo non bevo quasi mai. Comunque, una decina di anni fa mi trovavo in una bettola artistica dove si mangiavano piatti d'essai in compagnia di mia madre. Alla fine della cena vedo sulla carta degli spiriti che c'è anche l'assenzio. "Uuuuh, l'assenzio, che bello, la vita bohémienne, i poeti maledetti, mamma, mamma, voglio l'assenzio". Mia madre, che per qualche insondabile motivo (deve aver a che fare con il cordone ombelicale) mi dà retta anche quando non dovrebbe, ordina assenzio per due. Appoggio le labbra al bicchiere, prima goccia; dire sorso sarebbe eccessivo. Rido: come una gallina, co-co-co, una figuraccia, sembravo impazzita, mi guardavano tutti. 

Altra goccia di assenzio, stavolta arriva addirittura alla lingua: e lì si scatena il mio animo poetico e maledetto, mi fluiscono parole e versi molto compresi nella parte di dover essere una via di mezzo tra Rimbaud, Bukowski e altri fegati letterari celebri. Terza goccia, al palato. Arriva, fatale, la sbronza. "Mamma sto male, aiuto, non respiro, mi sento mancare". E mia madre: "Ma se non hai bevuto niente? È ancora tutto lì!" "Che c'entra, è il concetto. Portami a casa, sto male, sto veramente male". 
In effetti, stavo veramente male. Mamma si scola anche il mio bicchiere (be', era triste lasciarlo lì) e mi accompagna a casa, facendomi strada nella fresca notte estiva, lei cammina davanti, io ondeggio dietro, pronta a morire di epatite fulminante o cirrosi istantanea o coma etilico - soffro di leggera ipocondria, anzi, soffro di ipocondria grave. 

Arrivo a casa, mi siedo sul letto. Nel giro di cinque minuti sono di nuovo fresca e pimpante, le tre gocce di assenzio sono evaporate e mi metto a mangiare biscotti al burro raccontando con dovizia di particolari tutto lo spleen, le visioni, l'ebbrezza, la sbronza completa, con l'enfasi navigata e logorroica dei sopravvissuti a un pericolo mortale. 

Mia madre sospira.


© ET 9 maggio 2012

domenica 6 maggio 2012

L'Inferno del Trota

Terzine dantesche sul feroce contrappasso subìto dal Trota, costretto a mendicare una laurea in Albania.



Quale all’Adriatico dal Monviso
scorre ‘l gran fiume nell’ampia pianura
 ch’è detta de’ Padani il Paradiso

pur se l’ambiente s’è fatto lordura
e pur gli umani, copertisi d’onte,
 lesta l’indaga solerte procura;

tal è quel fiume ch’altrove ha la fonte
e porta agli inferi l’anime prave:
tutti lo dicono ‘l fiume Acheronte.

Quivi s’appresta - cagion gli sia grave
peccar d’abuso, ben degno di nota -
un giovinetto ch’attende la nave;

e a lui Caronte, d’in fondo alla mota
chiede chi sia, che faccia qui adesso.
“Sì mi conosci, mi chiamano il Trota”

dice il fanciullo, lo sguardo perplesso.
“Ancor sei quivi? Di nuovo all’esame?
Già son tre volte che torni d’appresso!”

urla Caronte, facendone strame.
Trota avvilito stavolta singulta:
“Or m’han cacciato dal sacro reame

ove Region si ministra e consulta!
Dicono: va’, giù nell’Ade profondo,
chiedi a’ demonii qual sia la tua multa;

più non tornare nel tuo chiaro mondo
ove s’evade l’italico conio”
“Dirà Minosse, o cor tremebondo,

ove espierai, rimpiangendo Gemonio:
tosto tu scendi, lo trovi, gli parla”
crudo risponde Caròn il dimonio.

“Misero sono, non posso scamparla,
mai che a qualcosa studiar mi sia valso”
geme il fanciullo, ormai non più ciarla

del gran poter di cui molto s’è avvalso.
Lento e sconfitto è già al cerchio primo;
scorge il destino, e lacrima salso.

Giudice d’anime ed eterno nell’imo
quivi è Minòs, che di spire s’avvolge:
“Viene, ragazzo, che tosto ti stimo”.

Poi lo condanna: “Che sian Malebolge!
E la cagion è quant’ora racconto
sì che il tuo petto più ancor si sconvolge”

Ringhia e rimembra qual mai fu l’affronto
che il giovin fece alla Somma Sapienza
pagando a dei foresti un greve conto:

danari non suoi, che pure non fu senza,
per dar sembianza d’avere intelletto,
di non mancar virtute e canoscenza,

dell’arte ch'è del trivio aver concetto.
Nel regno d’Epiro segrete cose
e molte ben degne d’ogni sospetto

accadono a chi cieco ripose
speranze d’una facile vittoria;
tosto si cambiano in più vergognose

e cadon nel dolor di falsa gloria:
sì fu per Pirro, già re dei Molossi
che d’amara pigion, dice la storia,

pagò i suoi trionfi presto rimossi;
e tal fu sapienza avuta di frodo
in altro bel sito da Renzo Bossi.

Poi che s'ingegna dell’antico modo
di stornar l'ignoto argento agli Elveti
di lì lo si riprese, grasso e sodo

sfruttando dei preposti prosseneti.
Comune fu l’usanza ai Longobardi
(sì facea ‘l governator coi suoi preti)

di giocar lietamente coi miliardi
pur se del volgo; e non fia una chimera
vederne in volto sorrisi beffardi:

pari è l’uso d’italica maniera.
Usi così a puttaneggiar coi regi
i suoi sodali, s’è detto, una sera

spartiti ch’ebbero i loro collegi
al giovin procuraron senza indugio
nobil sigillo che, teste di pregi

e pure di scienza, fia di rifugio
per l’ignoranza e per il non studiare.
Ed elli approva quel gran sotterfugio

che a paradosso si rese compare:
odiavan certo quei nordici pravi
genti in ambasce sfuggite pel mare

e poi costrette a ricatti ed aggravi
per la miseria di lor condizione.
Eran d’Africa, d’Oriente, poi Slavi

o dell’italico ancor Meridione.
Ed egli a spregio d’antichi rancori
 oppur bramando la lor compassione

trovò nel piano qual soccorritori
gli stessi che spacciava un dì per ladri
col padre urlando: “andate di fuori!”

Non sol, per dire poi che non s’inquadri
questa vicenda nel senso meschino
che vorrem degna di lazzi leggiadri

oltre che d’onta per moral declino,
dirò, e Minosse per ben s’è avvisto,
che ‘l giovin risultò da clandestino

poiché scordò d’obliterare il visto.
Quanto infame è mai tal contrappasso!
Commina Minòs all’animo tristo

decima bolgia: “Tu scendi nel basso
ove patisce chi falsa moneta,
 e fesso è da febbri fin al collasso,

o chi falsò se stesso e mosse a pieta
ignari che l’accolser qual fratello.
 Mentre tu vai, già ad un altro profeta

credon le genti; ‘l medesmo randello
brandendo contra i principi rissosi
 e gridando or per questo ed or per quello

vanno agitando qual cani rabbiosi.
Essi han bisogno d’un avventuriero:
 presto si fanno più aspri ed irosi

e fuori traggono l’animo nero;
pensi che quando sarai nell’abisso
 un altro non vorranno condottiero?”

Così dice Minosse e guarda fisso
il giovin Trota che’l teme e l’implora
 di non venire nell’imo confisso.

Negando lo dispera e dice: “Ora
vengo alla pena che t'è comminata.
 Tosto che sorga la prossima aurora

ti troverai giù per questa scarpata
in una valle d’armenti infiniti.
 Esse son vacche; mandriano, le guata

un gran dimonio dagli occhi ammattiti.
L’aiuterai e gli starai d’attorno
 acché gli armenti risultin puliti.

Sarai tra valli più calde d’un forno
finché vien Cristo a spartire le genti
 nel suo secondo ed eterno ritorno.

Spalar letame son gravi tormenti:
bada, fanciullo, che i buoi siano netti!
 Tu che hai gabbato gli onesti studenti

e per famiglia che sei tra gli eletti,
bovini alloggi ben colmin le falle
tue e di tua fosca congrega d’inetti!”

E mandò il Trota a ripulir le stalle.