mercoledì 21 dicembre 2011

Provvedimento di espulsione

Ieri pomeriggio mi telefona mio padre, da quel di Cadoneghe, PD, ove io anagraficamente risiedo pur essendo domiciliata altrove. Non avevo spostato la residenza, dopo il matrimonio, per due motivi:
1. il comune di Monopoli ancora doveva ricevere la notifica dell'avvenuto lieto evento
2. attendevo, al mio indirizzo di Cadoneghe, che mi arrivasse un rimborso IRPEF. Sai mai quando mi sarebbe arrivato, se avessi complicato le cose trasferendomi!

(ah, la burocrazia! Kafka, dentro di sé, sogghigna)

Ora non so che fine abbia fatto il mio certificato di nozze, ma papà comunica che c'è posta da parte dell'Agenzia delle Entrate. Mi hanno liquidata! Tutta contenta, gli dico che approfitti di quando verrà qui mia mamma a trovarmi, il mese prossimo, per farmi recapitare le lettere così potrò andare a riscuotere.
Mi dice che è arrivata anche una lettera dall'ufficio anagrafe del comune di Cadoneghe in cui mi si invita a contattarli il prima possibile, per via del censimento.

Stamattina telefono.

Io: "Pronto, buongiorno, mi chiamo Elena Tosato, ho ricevuto una lettera in cui mi invitavate a contattarvi"
Impiegato: "Ah! Ecco! Elena Tosato. (tono accusatorio) Ci risulta che non ha compilato il modulo del censimento"
Io (tono di cittadina ligia all'ordine): "È vero, perché a Cadoneghe ho la residenza, ma il censimento chiedeva la dimora abituale; sicché mi sono censita nel comune dove ho la dimora abituale"
Impiegato: "Questo fa sì che Lei venga cancellata dall'anagrafe di Cadoneghe."
Io: "Eh?"
Impiegato: "La contatteranno dal comune dove si trova adesso, per farla iscrivere a quell'anagrafe"
Io: "Eh?"
Impiegato: "Sarebbe meglio che andasse Lei di sua spontanea volontà e cambiasse la residenza"
Io: "Eh... beh... sì, così farò..."
Impiegato: "Grazie e arrivederci"
Io: "Eh... grazie a Lei... buona giornata..."

Riattacco. Panico. Sono stata espulsa! Mi hanno dato il foglio di via! Non basta che hanno soppresso il treno Lecce-Trieste. Mi cacciano! Come gli ebrei del Nabucco sulle sponde dell'Eufrate! Alla faccia dei leghisti!
Ma la cittadinanza, almeno, me la lasciano? Mi vedo improvvisamente in un CIE, monitorata dagli osservatori dell'ONU e adottata da Angelina Jolie. No, aspetta. La cittadinanza me la lasciano. È Italia qui come è Italia lì. Sono solo temporaneamente sans papier per un inghippo burocratico.

(Kafka, dentro di sé, ridacchia)

Beh, che si può fare, a questo punto? Si prende atto. Se non mi vogliono in Veneto mi vorranno in Puglia. So già cucinare fave e cicoria e le orecchiette con le cime di rapa, per il riso patate e cozze posso sempre attrezzarmi. Mi copro, che fuori fa freddino, e mi dirigo a piedi verso il comune di Monopoli a chiedere asilo, cioè, cambio di residenza.

Busso educatamente all'ufficio e informo la gentile impiegata che voglio effettuare un cambio di residenza: da Cadoneghe, Padova, a Monopoli, Bari.

Impiegata: "Vive da sola?"
Io: "No, con mio marito, che è già residente qui"
Impiegata: "Allora deve venire anche suo marito"
Io: "Davvero?" (mai, mai, mai chiedere spiegazioni in questi casi)
Impiegata: "Eh sì" (ecco, questa è la spiegazione migliore che ti può arrivare)
Io: "Allora torno con mio marito"

(Kafka, dentro di sé, si sta sbellicando, lui, il castello, il processo, la colonia penale e pure quello stracacchio di scarrafone)

Ci aggiorniamo a domani, che devo dire. Spero che portare un marito e una carta d'identità sia sufficiente. Per scrupolo mi porterò dietro anche le analisi del sangue, così vedono che sono sana.
Siccome però ho deciso di prendere la cosa con spirito, me ne sono tornata a casa ridendo (non come Kafka, ma quasi). In quello che ridevo, tutta allegra, mi rendevo conto di passare davanti a un crocicchio di prefiche e parenti affranti riuniti davanti a un carro funebre.

Che figura. Non accetteranno mai la mia richiesta di residenza.

EDIT. Sono andata al comune di Monopoli, con l'apposito coniuge, a sbrigare le pratiche. Oggi è il 21 febbraio e sto ancora aspettando l'arrivo dei vigili che certifichino il fatto che è proprio vero che abito qui. Nel frattempo sono apolide.

lunedì 12 dicembre 2011

L'anti-anti-Dühring

Cosa succederebbe se un proletario, nella tensione dialettica volta a cogliere la propria coscienza di classe e a ribellarsi all’alienazione della cogenza del meccanismo industriale capitalista che lo priva dei mezzi di produzione, si cimentasse nella doppia negazione della doppia negazione?

Affrontiamo l’argomento nella sua sede naturale, ossia il piano complesso. La doppia negazione della doppia negazione è equivalente all’estrazione delle radici quarte dell’unità, come ben noto dal teorema di Engels-Eulero che si rifà a sua volta ai lavori di Cardano, matematico che già impegnò la sua forza lavoro occupandosi dei giunti che da lui prendono il nome, dimostrando così una spiccata propensione al meccanicismo determinista che vede nel taylorismo la sua mortificazione, e nel marxismo la sua riscossa.
Risolta materialisticamente l’equazione trovando la prima radice dell’Unità, chiamiamola “Gramsci” per affinità semantica, si dimostra che ve ne sono altre tre, ottenute moltiplicando la prima per exp (i*(k*pi)/2), k=1,2,3; trasferiamoci ora nel piano dialettico isomorfo a quello complesso: la complessità è ben nota a tutti i compagni frequentatori di dibattiti in sezione, ove si è soliti interconnettere l’asse reale, detto pessimismo della ragione, con quello immaginario, detto ottimismo della volontà (si veda il lavoro del compagno V. Ivanov, “Analisi complessa, olomorfismo proletario e teoria gruppale dei piani quinquennali”, Raffaello Oltrecortina Editore, 1957)

La doppia negazione della doppia negazione si ottiene ruotando di pigreco mezzi (i debosciati occidentali, con la loro notazione di libertinismo sessagesimale, direbbero “novanta gradi”) l’affermazione di partenza. Un chicco doppiamente-doppiamente negato diventa un non-non-non-non chicco, ossia -trascendendo i problemi di balbuzie- la pianta sempiterna della forza proletaria che dopo esser stata soggiogata dalla brutalità del Capitale e rosa dall’imbolsimento borghese si emancipa per costruire la società senza classi, doppionegandosi a sua volta, che lo stelo della pianticella d’orzo gli fa un baffo che neanche il compagno Stalin.

(© Elena Tosato 2010)

sabato 3 dicembre 2011

Epinicio

in endecasillabi e settenari (AbAB CDCd, AbAB CDCd, EffE)

Epinicio in onore del Serenissimo Principe,
sperando di non lesinare pomposità e sfarzo


Di quell’invitta Laguna del figlio
canto novella gloria
che ‘l trasse dalle brume del Naviglio
per la perizia nell’arte oratoria.
Qual fu Ermes dalla mente sottile
qual fu nunzia la tromba barocca
così gli sia padrona, mai servile,
del suo pensier la bocca!

Sia dunque nell’Urbe tale scompiglio
che resti la memoria:
Ai posteri l’epigrafe, un cartiglio
che conti i fatti ascosi della storia:

Sian lodi al serenissimo civile
fiero centauro d’italica scocca!
E mai possa esservi sorte ostile
alla Canuta Ciocca!

Venga ‘l trionfo, di qui, all’apogeo:
ai prosperi Ambienti
ti spingan le Correnti
epigon di Mena e dell’Enosigeo.