Sonetto di spiegazione a Guy Verhofstadt riguardo il ruolo politico e culturale del burattino nella storia italiana.
Non è, che, vedi, non siamo civili:
a volte, e con gran forza, lo sembriamo.
È che per indole, temo, restiamo
innamorati d’essere servili
e rincagnati, tremuli ed ostili,
partite voi intanto che ci armiamo.
Io qui ti dico ciò che adesso siamo:
né patria del diritto, né di vili.
Ma sempre pronti invece a truffar carte,
incerti tra miracoli e malocchio,
col riso confondiamo l’umor cupo:
figli di quella commedia dell’arte,
fratelli mal cresciuti di Pinocchio,
lo spirito del mondo fatto pupo.
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