domenica 21 settembre 2014

Braccia sottratte alle Georgiche

Dopo un po' che leggo roba su internet, m'è venuto da scrivere questo poemetto in esametri.
Non avevo mai scritto in esametri prima e non ci ho lavorato tanto, è una prima stesura, per cui mi scuso: ho alternato senza troppo calcolo dattili e spondei, ma come metrica prescrive il quinto piede è sempre dattilico e il sesto catalettico.

Ho messo in grassetto l'arsi, vale a dire le sillabe (metriche) toniche, così si legge meglio e si apprezza la struttura dell'esametro.



Braccia sottratte alle Georgiche

Tu non lo sai, Mecenate, quanta protervia s’asconde
tra li virgulti che van poetando, costretti da versi
esuli in metriche che dicon sciolte ma senza sapere
se vi sian regole, qual che mai siano. Taciti stanno
un solo istante: poi si ridestano e vanno cianciando
di rime vane, di metro esangue, poi che già langue
l’arte che hanno. Atti sarebbero, mio Mecenate,
questi alla vanga, quegli al badile; e per dell’ore,
e per dei mesi, e per degli anni. Altro non serve:
tosto si tolgano penne e quaderni; tosto si purghi
quella facondia; ché non filosofi, letterati
sono, né furono; stolidi villici male celati
dalla parvenza di libri non letti. Vadan nei campi,
dunque, a zappare! E dalla terra traggano frutti.
Se poi vi riescano, questo s’ignora: poi che la terra
mai si contenta delle parole, mentre pretende
agro sudore, ch’essi non sanno, s’è visto, versare.
Poco mi cale! Ch’essi s’arrangino! Leggano pure,
se vil non sembra, quei manuali d’agricoltura
fatti a costume del cittadino che un bel dì voglia
farsi, tra gli orti, della natura prode baluardo,
quasi che quella fosse di sogno, di favola avvinta.
Quindi si pascano solo di quanto voglion sapere:
vin biodinamico, corno letame, lievi festuche
dalla cui resa di poco si sfugga la morte d’inedia.
E si compiacciano (senza parlare, ché già s’è visto
qual nocumento ci danno in tal caso) della raccolta
e di quel senso di quiete solenne che viene per poco
quando la sera cala sul mondo. E se non sanno,
sappiano allora: solo nei campi, dice il poeta,
può dal letame fiorire qualcosa; non mai ne’ versi,
quando si tenti di concimarli scrivendo di merda.


© Elena Tosato (Like a Virgil)

venerdì 19 settembre 2014

Cronache da un paese ipotetico

Siccome non è sempre tempo di pasquinate - che sì, io mi diverto a scrivere sonetti scemi, ma intanto dai veroni del coniugal ostello devo pur continuare il mio percorso di erudizione, e ho un catafalco di libri da leggere - vi annuncio che se avete voglia di roba più consistente - non pesante, consistente -  gli undici racconti di Cronache da un paese ipotetico sono disponibili in ebook, formato ePub, sotto licenza creative commons.

Se siete vecchi di questo blog li conoscete già perché li avete letti l'anno scorso, in PDF.
Se siete nuovi, è questo il momento di colmare le lacune.


Qui potete leggere in ePub e scaricare il tutto.
Cronache da un paese ipotetico

Per il PDF, as usual,
Qui



Nel frattempo, il lavoro sul canzoniere degli elementi procede e sarà pronto entro l'anno.
Un'altra anticipazione, stavolta nata dal centenario della Grande Guerra:


Piombo

Giovani schiume d’Europa, si tace
la voglia dei lombi; già discolora,
trasfigurata in piombo. Forma l’ora
del secolo ch’è già stato, che giace
divelto fra i trattati, senza pace
se non nel canto. Tracima la bora
nei gorghi d’ansia, vivida spora
d’un progetto d’amore contumace.
E tutto frigge, si squassa, si schianta,
e la parola copre, come l’alga,
l’odio nei solchi: convulsa, trapassa.
Lontano ne sprizza, rapida e tanta,
la voglia di capire quanto valga
questa carne tradita che s’ammassa.

mercoledì 17 settembre 2014

Ricordati di metterlo in repertorio

Dirty Poetry

Dell’estate Sessantatré era l’anno.
Prima dei Beatles, e quando nessuno
potevo mai pensare che opportuno
più fosse di mio padre. Quanto fanno

due passi di balletto, e quanto affanno
cocomeri portar a quel raduno
d’inconosciuta plebe, dove ognuno
danzava come sol gli amanti sanno!

L’invidia e l’altro ceto, mal parola:
ed ecco i sotterfugi per il mambo,
e con il salto, fuor d’acqua mi strangolo!

L’amor cacciato torna per me sola
e dice, per quanto suoni strambo,
“Nessuno metter può Baby in un angolo.”


(e con questo credo di aver toccato l'apice della cretinaggine in un solo sonetto. Non so chi dei due, tra Jacopo da Lentini e Patrick Swayze, mi citerà prima per danni :-D )

lunedì 15 settembre 2014

La zanzara

Sonetto scherzoso su una zanzara, involontariamente stimolato dal sempre ottimo Maurizio Ternullo.


Nell’aere caldo di sera ch’è giunto
sul brumeggiare del mare in risacca
funesto è il cigolar della vigliacca
che, tosto che la miri, già t’ha punto.
E poco vale che il corpo sia unto
d’aromi sovrapposti come biacca:
poco val che sui muri vi sia tacca
del corpo ciabattato e pur defunto
dell’altre sue consimili passate!
Non val l’eterno monito dell’ali
stracciate sull’intonaco! Lei sugge
così come suol fare nell’estate;
speranza è che gli aneliti autunnali
del suo ronzar leniscano le ugge.



Dante Alighieri, nella Vita Nuova, aveva scritto parimenti un noto sonetto sulle zanzare. Lo riporto ad agio del lettore.


Una fatal tra moleste zanzare
è in casa mia, quand’ora è già venuta
di sera tarda, e ciascuno s’ammuta
e li occhi va girando per cercare.
Ella si va, sentendo bestemmiare,
con la maligna estremità puntuta
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra pel sangue succhiare.
Mostrasi sì sfuggente se la miro
che dà per l’anima un tale rancore
che ‘ntender no lo può chi no lo prova;
e par che da la finestra si mova
e tosto già mi punge e del rossore
la carne va tingendosi: sospiro.


(nella stesura definitiva della Vita Nuova Dante si accorse di aver rimato due volte in "venuta" e decise di cambiare il soggetto dalla zanzara alla donna sua)

domenica 7 settembre 2014

Ossi di calamaro

Ho scoperto un tizio che fa poesia destrutturando le parole, nel senso che mette degli spazi qua e là tra le lettere, senza però rispettare la consueta divisione in sillabe.
Vabbè, direte, uno le prova tutte. Ma il bello è che ha perfino un critico che spiega il meccanismo: "In genere, nell’ambito della comunicazione, godiamo di un vantaggio ben definito: la semantica, vale a dire l’area dei nostri significati, denota degli oggetti, delle classi; per la qual cosa chi dice o scrive C A V A L L O lascia intendere un riferimento alla classe dei cavalli, dei mammiferi, dei quadrupedi et cetera.
[Il Poeta succitato, ndr], invece, scriverebbe CAV A LLO avvalendosi di un gioco linguistico esoterico, allegorico e profetico, gioco in cui non può fare riferimento, con precisione, alla radice od alla desinenza perché si altererebbe il senso della sperimentazione. In CAV A LLO, adottato quale esempio d’istruzione, la vocale A diventa il legante di due suoni-rumori che assumono anche il valore di segni significanti unicamente all’interno di questa referenza. CAV allora può essere CAVA con funzione d’aggettivo, allo stesso modo in cui LLO, apparentemente privo di grammaticalità, può essere ALLO con funzione di preposizione articolata. Né CAV né LLO sussistono senza l’interposizione di A, che si configura, per metafora dedotta dalla retorica, come un vero e proprio legame di sussistenza."
Ma è meraviglioso. Altro che le sciarade sulla pagina della Sfinge della Settimana Enigmistica.
Quindi se io dico che un tizio è un COGL I ONE posso pensare che COGL sia COGLI in funzione dell'esortazione a raccogliere l'anelito poetico, ONE sia IONE nel senso di atomo elettricamente carico a causa della perdita o dell'acquisto di un elettrone, e rappresenti con ciò la violazione della neutralità di carica cui ci costringerebbe una vita non poetica? Legati dalla I, vocale stretta e così simile all'ombra dell'uomo sulla terra quando è subito sera, COGL e ONE hanno la sussistenza del messaggio siffatto: osa appropriarti della carica vitale che la poesia dà all'esistenza dell'uomo come atomo, monade primigenia del pensiero autopensante in se stessa divina!
Lo farò presente la prossima volta che darò del coglione a qualcuno: "guarda, non offenderti, non è un insulto, è un gioco linguistico esoterico".

(Qui sotto, intanto, un progresso poetico rispetto alla destrutturazione della semantica: Woodstock sperimenta la destrutturazione della semiotica)
© Charles M. Schulz