sabato 25 dicembre 2021

Sonetto sul James Webb Space Telescope

Oggi viene lanciato. E a me tremano le gambe…

Sonetto sul James Webb Space Telescope


E l’universo intorno già s’azzarda

a sbriciolarsi in immagini nuove;

l’osserva e macina immagini e prove

un occhio scuro che gravita e guarda


qualche passato che gravita e tarda.

E l’occhio sulla Terra si commuove,

e quello in cielo stabile si muove

sul punto d’orbita cui s’inchiavarda;


della struttura vista in ampia scala

dell’universo cerca i sensi, fra le torce

pulsanti delle stelle vive e morte


butta lo sguardo. Lo spazio gli cala

addosso e lì, dove poi si distorce,

punta quest’ansia umana senza sorte.

giovedì 16 dicembre 2021

Prenderla con filosofia

 Prenderla con Filosofia


Alla fine si ritrovarono tutti, nell'iperuranico paradiso dei filosofi, a guardare la televisione.
"Ma ci sono di nuovo dei filosofi in tv?" chiese una voce di lontano.
"A parlare di pandemia?" pigolò straziata un'altra voce.
Ebbene sì.
E i loro colleghi trapassati, ormai vilipesi e affranti, si sedettero a commentare funerei.
"Stanno infamando l'intera categoria" brontolò Aristotele.
"Davvero, che razza di idee" singhiozzò Platone "e io che volevo dar loro il governo della città".
"Se sapessero almeno di non sapere..." gemette, meno maieutico del solito, un poco ironico Socrate, e aggiunse: "Ma che ci fanno, sempre in televisione?"
"Ciascun uomo tende all'autoconservazione. Pertanto, tutto quello che è utile all'autoconservazione, un uomo lo fa..." rispose Hobbes, allargando sconsolato le braccia.
"Se solo evitassero di parlare di dubbi" agonizzò Cartesio, pronto a morire una seconda volta.
"Ho già detto che di tutto quello di cui non si può parlare si deve..."
"Sì, sì" si affrettarono gli altri a zittire il povero Wittgenstein.

Lo scoramento era palpabile. "Tutti là a fare i fenomeni" osservò Kant, disgustato.
Schopenauer piangeva abbracciato a Hegel; Marx guardava dall'alto Fusaro e cominciava a parlar bene di Amazon, a sfregio; Agostino disse che tanto valeva rimettersi a rubare le pere; Leibniz dichiarò che non gli importava se il calcolo infinitesimale l'aveva inventato prima lui o Newton, tanto tutto ormai era perduto, e questi avevano già problemi con le quattro operazioni, guarda qua che roba; Nietzsche si rassegnò al fatto che ad avere il caos dentro di sé si potevano generare anche delle cazzate sesquipedali.

Infine una voce si levò, flebile e pur dignitosa.
"E se ci ritirassimo negli Intermundia?"
"Suvvia, Epicuro" gli risposero quelli "Arrenderci così, giammai! Perché ci suggerisci una simile nefandezza?"
Scrollandosi di dosso le erbe del suo Giardino, il greco scosse il capo. "Sono andato a proporre agli uomini il mio Tetrafarmaco. Mi hanno detto che non lo vogliono perché non sanno cosa c'è dentro."

sabato 11 dicembre 2021

Le parole per dirlo

 Le parole per dirlo

Ho letto qualche tempo fa I racconti di Kolyma, lunga e dettagliata testimonianza resa da Varlam Šalamov ai quasi vent'anni da lui scontati, in due diverse condanne, nel sistema concentrazionario sovietico.
[Inciso: è sempre interessante confrontare questi resoconti novecenteschi - Šalamov, Herling, Solženicyn... - con le Memorie di una casa morta di Dostoevskij per vedere la continuità e le differenze tra le pratiche carcerarie e inquisitorie zariste e quelle staliniane]
A parte qualche caso di fucilazione, nei gulag si moriva principalmente di tre cose: fame, fatica e freddo, spesso in combinazione. E però, per molti anni, ai medici che redigevano i certificati di morte non fu concesso scrivere che il detenuto era morto di fame: dovevano quindi inventarsi collassi, carenze, deficienze, cedimenti, forse qualcuno avrebbe cavillato sul fatto se erano morti con fame o per fame, insomma tutta una serie di contingenze successive pur di tacere la parola incriminata.
Fu solamente dopo l'assedio di Leningrado, quando ormai morivano di fame anche i cittadini liberi - liberi per modo di dire, nella Leningrado assediata - che ai prigionieri sovietici, fossero o meno nemici del popolo, fu permesso di morire senza circonlocuzioni burocratiche, con una formula che richiamava una "distrofia alimentare" ma che finalmente voleva dire solo quello: fame, appunto. Ché nelle dittature è ancor più vero che altrove che chi controlla la lingua - Klemperer docet - controlla la realtà: almeno fino a che la realtà non ti scappa fuori da tutte le parti, come è suo vizio fare.

venerdì 10 dicembre 2021

Il pigiama

Ho comprato un paio di calzini coi porcospinetti. Sì, non avrei dovuto, ma erano irresistibili. Poi ho cercato di ripristinare la mia autostima di femmina adulta, di femmina in una relazione stabile nonché di femmina curvilinea, barbaramente colpita dai suddetti adolescenziali e antisessuali calzini, e mi sono messa a occhieggiare con aria saputa nel reparto balconcini-e-perizomi. Mentre mi figuravo agghindata in modi così lascivi e lussuriosi che nemmeno l'algoritmo di FB immaginerebbe, la commessa che si occupava di me è stata interrotta da una telefonata. E allora ho ascoltato.

Era un marito.
Un marito che voleva fare un regalo alla moglie.
Per Natale.
Questo è quanto diceva la commessa:
"Sì... no, sono caldi... certo, che taglia ha sua moglie? No, arrivano solo fino alla L... ma guardi che è un bel pigiama, è comodo, morbido..."
E io, con gli occhi immersi in una delizia di pizzi, nastri, sbuffi e velleità erotiche da boudoir (e il pensiero colpevole ai calzini coi porcospinetti, ma più con gli occhi nella delizia di pizzi eccetera) ho immaginato la moglie di costui, melanconica signora che sospirava ai primi tempi perduti della sua vita matrimoniale, quand'era desiderata e felice, e che pensava a quanto avrebbe voluto ancora sentirsi desiderata e felice, e che pensava allo sguardo di lui che l'aveva bramata un tempo e ora le regalava il pigiama comodo e morbido, tanto comodo e morbido quanto spaventosamente anonimo, privo di qualsiasi complicità relazionale, umana, affettiva, estetica; e ho rivisto Emma Thompson in Love Actually quando riceve il cd di Joni Mitchell al posto della collana che Alan Rickman invece avrebbe regalato all'amante, e ho avuto una di quelle folgorazioni sociologiche e sentimentali che è bene rendere pubbliche una volta per tutte.
Mariti, compagni, uomini accoppiati con donne.
Non regalate pigiami alle vostre partner.
Per quanto siano comodi, morbidi, flanellosi e con l'orsetto stampato sopra.
Non fatelo MAI.

giovedì 9 dicembre 2021

I quattro umarell del dubbio

 I quattro umarell del dubbio


"Ma tu sei vaccinato?" "Certo, certo"
insieme borbottavano. Finzione
d'idee d'un tempo vecchio, suggestione
di voglie stanche d'un nuovo sconcerto,

o forse noia di cene all'aperto:
i quattro colser dunque l'occasione
d'intavolare sulla precauzione
sofismi vari, con l'animo esperto

d'altre vicende, e di queste sognando.
Ingorghi onirici senza struttura
dissero in pubblico, impavidi e acri,

d'uomini resti che furono sacri.
Di qualche mai vissuta dittatura
un po' si lamentarono, parlando.

mercoledì 8 dicembre 2021

Estetica del Babbo Natale sul balcone

Oggi parlerò di decorazioni natalizie.

I Babbi Natale che si arrampicano.

Non so di chi sia stata l'idea, chi fosse il Babbo Zero, ma da qualche anno, sapete tutti, è scoppiata questa epidemia di Babbi Natale che si arrampicano sui balconi.
Il povero anziano, benché raffigurato in plastica gonfiabile e falso come un braccio di un novax, deve dunque allietare le incipienti festività dando mostra di sé in pose che oscillano tra quelle del chiassoso topo d'appartamento e quelle del pingue praticante di bouldering, novello Manolo vestito di rosso col piglio disperato del pensionato appeso allo sportello delle poste, tragica interpretazione di un futuro decreto sul malus facciate.
Insomma, tutto tranne che uno che sta per portare dei doni ai bimbi malauguratamente allocati negli appartamenti dietro ai suddetti balconi.
Ne ho visto uno esposto in un negozio che sembrava la ballade des pendus di Villon.
Siccome un Babbo è bene, ma di più è meglio, quest'anno nel nostro palazzo ne figurano tre.

Al primo piano abbiamo Babbo Jack Dawson, liberamente ispirato al Di Caprio di Titanic. Egli si aggrappa alla ringhiera con la stolida innamorata speranza del giovane Leonardo a mollo subito prima di staccarsi dal fatale pezzo di legno e consegnarsi ai fondali atlantici e alla gloria cinematografica. In sottofondo, un sentore di My heart will go on soppianta di gran carriera qualsiasi possibile versione di Last Christmas, scongiurando almeno il Whamageddon 2021.

Al secondo piano i Babbi sono due. Il primo è Babbo Fantozzi, immortalato nell'iconica posa del Ragioniere intento a chiedere chi avesse fatto palo, subito prima del pugno.
Il secondo Babbo invece ce l'ha fatta, ha conquistato l'interno dell'agognato balcone. Ivi giunto, ha prestato la sua plasticità alla sedia a dondolo, al cui montante si è avvinto con gambe e braccia disperatamente serrate, in una bizzarra posa da Babbo Bradipo. Il Natale si ammanta così di quel fascino da documentario sulla natura che ci riporta lontani dal clamore e dalla stucchevolezza delle feste.

Sto seriamente pensando di completare la collezione con una Befana che fa pole dancing al suono di un qualche Michael Bublè. A Natale, in fondo, siamo tutti più... più boh, più qualcosa.

venerdì 3 dicembre 2021

Il silicone

Dedicato alla storia penosa del no-vax cinquantenne di Biella che cercò di farsi vaccinare un braccio posticcio.

Sonetto di silicone biellese

Che cos'è vero mai? Che cos'è finto?
Che cos'è l'apparenza, la sostanza;
cosa il futuro, la sorte che avanza,
di cui son prigioniero, inerme, vinto?
M'invento un mondo, mi voglio convinto
di quest'interna e muta dissonanza
di ciò di cui non ho più padronanza,
di quest'ammasso pietoso indistinto
di sogno e di realtà. M'invento un braccio,
m'invento la finzione della polpa,
un'intenzione farsesca ed illusa;
m'invento qualcos'altro e poi mi taccio,
un universo nuovo e senza colpa,
un altro sogno forse, un'altra scusa.

martedì 16 novembre 2021

Il sistema bancario

 La settimana scorsa in farmacia mi hanno dato come resto una banconota da 20€ a cui mancava un angolo. Me ne accorgo troppo tardi e venerdì mattina vado in banca per sapere se possono darmene in cambio una buona.

Gran consulto fra gli impiegati della banca: torni lunedì, perché deve fare richiesta formale, e non è detto che vada a buon fine, e insomma, se adesso le direttive superiori ci permettono di fare il cambio, dobbiamo vedere, è molto difficile, perché poi va a finire che rimane scoperta la filiale (per 20 euro) e ci smembrano e vendono i pezzi alla Grecia e all'Argentina.
Un po' impressionata trascorro il fine settimana in ambasce, meditando sulla sorte dei miei poveri 20 euro (e augurando repentine gastroenteriti innocue ma fastidiose al farmacista) (tanto può vendersi i fermenti lattici e l'imodium da solo), lunedì intimorita non vado da nessuna parte, stamattina mi trovo a passare in centro e dico proviamo ad andare in banca, affrontiamo questo dramma, mi sentivo Servillo ne Le conseguenze dell'amore, però aspetta, mi dico, vediamo se riesco a sbarazzarmi della banconota senza mettere in pericolo le sorti creditizie dell'Europa, la sopravvivenza dell'euro, whatever it takes, quelle cose lì. In piazza c'è un distributore automatico di amenità assortite. Metto dentro i 20€. Li mangia tranquillamente. Seleziono il prodotto, ritiro il prodotto, una cascata di monetine di resto.
Il sistema bancario è salvo, abbiamo scaricato il problema sul mercato.
(La prossima volta in farmacia pago col bancomat)

mercoledì 10 novembre 2021

La vendetta

"Mi chiamo S. Ho 35 anni. Mi sento già vecchio; anzi, mi sento in quel limbo di chi non è né vecchio né giovane. Guardatemi. Una laurea magistrale in lettere moderne, un dottorato in italianistica. E poi la solita trafila: uno stage qui, un contratto lì. Le faremo sapere. Visibilità. Un'opportunità per crescere. Ho speso soldi e illusioni nelle scuole di scrittura. Il ragazzo è bravo, ha una voce. Una voce della sua generazione, dicevano. Vedrai, la svolta è dietro l'angolo. Uno con le tue capacità! È solo questione di avere le carte giuste al momento giusto, e tu le hai. Dicevano. Mi chiamo S, ho 35 anni, faccio il ghost writer. La sera vi consegno le pizze, sì, sono sempre io. I miei genitori mi guardano ancora vedendo in me le potenzialità inespresse. È uno sguardo doloroso. Non so cosa sia mancato: il caso, lo sfacciato opportunismo, l'incapacità di arrendersi alla realtà, amici migliori, nemici peggiori, chi lo sa. Scrivo i testi per gli altri. Per quelli arrivati, per quelli che non hanno tempo, o talento, o entrambi. In fondo posso dire che guadagno con quello che scrivo, no?

Be', guadagno poco. Ma qualcosa. Pagano tardi. Però il pù delle volte pagano. Mi chiamo S, ho 35 anni, ho vissuto nei romanzi e nelle rime, ho amato Marcel Proust e Pier Vittorio Tondelli, ho corteggiato Ludovico Ariosto e Dylan Thomas, e ditemi un qualsiasi poeta minore delle isole Comore e io ve ne recito un distico, e vi consegno anche le pizze. Io sono tutto questo, e un giorno ho deciso di vendicarmi.
Un gesto solo. È una cosa che faccio per me.
Arriva l'occasione che aspettavo. Ho questo lavoro per le mani. Presto l'anima a un altro: ha 35 anni come me, anche lui un inizio precario, l'incertezza. Poi la vita è così, a qualcuno gira, a qualcun altro gira male. O non gira più, o promette che girerà. A lui è girata.
La sua autobiografia, mi dicono. E io lui lo so chi è. E allora scrivo. Scrivo ricordandomi di essermi imbevuto di poltiglia e di miseria, e di bellezza e di atrocità, perché io ho letto, ho letto, ho letto, io che mi chiamo S, ho 35 anni, consegno le pizze e scrivo, maledizione. Scrivo.
"Non riesco a saziarmi di libri.
E sì che ne posseggo un numero probabilmente superiore al necessario; ma succede anche coi libri come con le altre cose: la fortuna nel cercarli è sprone a una maggiore avidità di possederne. Anzi coi libri si verifica un fatto singolarissimo: l'oro, l'argento, i gioielli, la ricca veste, il palazzo di marmo, il bel podere, i dipinti, il destriero dall'elegante bardatura, e le altre cose del genere, recano con sé un godimento inerte e superficiale; i libri ci danno un diletto che va in profondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante."
Lo porto all'editore e trattengo il fiato.
Quello mi guarda. Non oso alzare gli occhi, all'inizio. Poi sì.
"Davvero?" mi chiede.
"Davvero" dico.
C'è un attimo di silenzio in cui passa tra di noi l'universo intero. La vita, la vendetta, le possibilità, il libero mercato, che ne so. Tutto.
Allora lui sbotta e ride.
"È Petrarca. Una lettera di Petrarca."
"Esatto" dico io.
"Cazzo, dai. Petrarca nell'autobiografia di Di Maio?"
Un uomo ha bisogno di un solo istante di coraggio, nella sua esistenza. Che sia questo, mi dico. "Sì. Facciamolo."
Di un solo istante di coraggio e di un complice privo di scrupoli.
Mi guarda e continua a ridere. "Scordatelo".
Gli porgo una seconda bozza.
"Quel giorno chinai lo sguardo a terra. Mi guardai le punte delle scarpe e le sollevai verso l’alto. Mi dondolai pian piano sui piedi. Poi distolsi lo sguardo dalle scarpe e vidi sulla scrivania una riproduzione dell’agenda rossa di Borsellino."
Sospira. "Questo va bene."
Mi chiamo S. Ho 35 anni. Un giorno ho rischiato di diventare un eroe."

mercoledì 27 ottobre 2021

Latinità

Svolgimento: un giorno il medico di Marco Porcio Catone - meglio noto come Catone il Censore - osservò il ginocchio dolorante del suo paziente e sancì l'ineluttabilità dell'asportazione del menisco.

Titolo: Cartilago delenda est

sabato 16 ottobre 2021

Poscia più che il green pass poté il digiuno

L'epopea di Barillari & Cunial chiusi negli uffici della regione Lazio

Poscia più che il green pass poté il digiuno


“Di qui sol ci trarranno con la forza!”

il Barillari urlò. Il ferale passo

or s’è compiuto, il volto suo non smorza 3


l’ardore impavido. Né fu mai lasso

lo spirito di lei che fu sodale:

ben nota per capire manco un casso 6


di quel ch’è scienza o la vita reale,

ardita e non soltanto comprimaria

nei larghi uffici della Capitale 9


contro la dittatura sanitaria 

s’ingegna a rimanere a protestare.

Ascosi al mondo gridano nell’aria 12


i due di contro a quel lasciapassare

che il volgo, imbesuito, dice verde:

“E mai ci lasceremo conquistare! 15


La libertà, per noi, giammai si perde!”

vanno tuonando. Già cala la notte;

il mondo tra le strade si disperde. 18


Muti e pur fieri, le menti incorrotte

dal più comune e fatale buon senso

i due guardan le ore ininterrotte 21


di cui si dice il tempo troppo denso.

E scorrono feroci, ed è la fame:

“Quant’è che stiamo qui? Tre mesi, penso” 24


l’un dice all’altra; le nobili brame

di paladini liberi son quasi

adesso vacillanti. “Con le lame 27


soltanto ci trarranno! Mai persuasi

saremo noi dai moniti di Draghi,

o di Speranza. Si contino i casi 30


- e non saranno pochi, né mai vaghi -

di morti di vaccino! Noi sappiamo!”

ancora si confessano, presaghi 33


d’acri futuri, del crudo ricamo

che fa, nell’ombra, la bieca Big Pharma.

“Tre mesi? Un anno ormai che resistiamo! 36


Sol ci spodesterà il ricorso all’Arma!”

Ma il Tempo, lo si sa, sovente illude

chi vanamente farfuglia e s’allarma, 39


e non son mesi, né un anno si chiude

su quella loro lotta: qualche ora

è qui trascorsa appena, e non prelude 42


ad altre in quegli uffici. Trascolora

l’eroe, che già digiuna dal mattino;

vorrebbe pur mangiare la signora. 45


“Ci fosse un bar, magari, qui vicino?”

infine lui propone, e quindi chiede:

“Non si potrebbe fare uno spuntino?” 48


E lei, che quasi sviene e tutta siede

contrita nel silenzio degli uffici:

“Ma sì; del resto, oramai, chi ci vede?” 51


I due, dall’atto estremo resi amici,

avanzano tremando verso il mondo.

“Ahi, forze di natura traditrici, 54


piegate verso il greve, cupo, immondo

volere dei Poteri oscuri e forti!

Ahi quanto siete voi, vigliacco sfondo 57


di questi lutti e dei futuri torti!”

gridano i due, nel pigliare coscienza

che, pur se per la fame quasi morti 60


s’aggrappano al barista, in quanto senza

green pass non più verranno qui sfamati.

“La lotta s’interrompa con urgenza!” 63


gemono quindi, sviliti e stremati.

Ritornano ai rumori della gente,

in mezzo a tutti i folli vaccinati. 66


Il mondo gira ancora, indifferente.


16 ottobre 2021

lunedì 11 ottobre 2021

La matrice

 LA MATRICE

(breve componimento in endecasillabi in rima baciata)


Discorsi al gran raduno matriciale.

L'un l'altra le matrici, la reale

sì come la complessa, van dicendo

di quel ch'è stato a Roma, trasalendo

alle parole d'una tale Giorgia:

"Squadrismo, questo sì; ma chi lo forgia?

Ignoro invero qual sia la matrice!"

Arriva un'Hermitiana, e presto dice:

"Io, che con la trasposta coniugata

 coincido, dico no: non sono stata."

"Ed io nemmeno" qui pare trabocchi

la furia, inscatolata dentro i blocchi,

di una di Jordan. "Ma che impudenza!

Anch'io protesto qui la mia innocenza"

una matrice di Cartan così

osserva "dentro l'Algebra di Lie

domenica vagavo, non per l'Urbe.

Ad altri vanno ascritte quelle turbe."

Si guardano l'un l'altra le tabelle,

cercando invano un'oscura ribelle;

e tutte, le invertibili, quadrate,

antisimmetriche, quante sian date

coi loro autovalori, tutti quanti;

quali che siano poi i determinanti,

insieme tutte dicono: "Giammai!

Non li causammo noi siffatti guai!

Una matrice, ma non matematica,

ti manca!" fanno, con aria pragmatica

"Ci pare, cara Giorgia, tu ti perda

sol la matrice dei fascidemmerda.”

martedì 5 ottobre 2021

Della pervasività dei sistemi complessi

 

Giorgio Parisi vince il Nobel per la fisica.

E quindi, sonetto.

Della pervasività dei sistemi complessi


Vedremo quindi, in queste e in altre scale,

acre disordine, e mille ragioni

ne cercheremo, e mille suggestioni

del suo svelarsi al mondo, e quanto vale


come sostrato denso, universale.

Vedremo le scabrose fluttuazioni

d’ogni sistema, e quali condizioni

si porgono all’immagine, al reale;


e tutto guarderemo, trasognati,

dai numeri compresi. Avremo nome

e forma in questi conti, paralleli


concetti in molte vesti calcolate:

li guarderemo tutti proprio come

disaggregati stormi in altri cieli.


domenica 19 settembre 2021

Krisis? What Krisis?

Giacché la verità è disvelamento, vi svelo le prossime dichiarazioni di un noto filosofo e personaggio televisivo dopo "aver cercato un po' su internet" e aver messo ciò che ha trovato in confronto con la sua filosofia.

- le Torri Gemelle sono crollate in quanto minate nelle fondamenta come il pensiero mitteleuropeo, e comunque la scienza non può interrogarsi sulle cause del loro crollo, ma solo sulla regolarità del fenomeno
- non siamo mai stati sulla Luna, anzi in realtà tutta la corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica era un continuo stato di emergenza risultante in una serie di allarmi e diktat senza la volontà di uscire culturalmente dalla crisi
- l'universo non si è formato col Big Bang perché ciò avrebbe costretto l'Inizio a essere necessariamente iniziante
- A Roswell furono gli alieni davvero. O forse erano di Rovigo, comunque lui sono trent'anni che lo dice.
- Paul McCartney è morto ed è stato sostituito da un sosia, altrimenti non si spiegherebbero l'identità come relazione e il fatto che l'ente per essere tale è subito altro rispetto ad altre identità presunte
- il Molise non esiste, perché il noto filosofo stesso non è mai stato sindaco di Isernia.

martedì 7 settembre 2021

Sonetto polisemico sul giuoco del calcio

Polisemia nel giuoco del calcio

Un giorno, leggiucchiando la Gazzetta,

Antistene sbottò: "ma guarda un poco!

Si dice cinico questo o quel gioco!"

Diogene di Sinope, che in fretta


tornava dai suoi casi, dando retta

al suo compare ribatteva roco,

quasi che in gola gli covasse un fuoco:

"Nel gioco del pallone ci si aspetta


un vivere secondo la natura,

in autosufficienza, o che si miri

alla felicità?" "Ma no" rispose


Antistene "è quando di misura

si vince, gran difesa e pochi tiri.

I nomi vanno a caso sulle cose.”

venerdì 20 agosto 2021

Bestiario

 Nuvole grigie si acquattavano nel cielo d’un giorno del tardo Giurassico. Sperduto fra tempestose cime, il sauropode brucava meditabondo, sporgendo il lungo collo e immergendolo tanto nelle brume quanto in una ostinata solitudine. La coda, anch’essa lunga, si bagnava sconsolata di rugiada fredda.

Troppi pensieri lo tormentavano: lacerato dalla gelosia e dal desiderio di vendetta, non appena socchiudeva gli occhi lo assaliva l’incubo di quella giovane che bussava disperatamente alla finestra e che ora, chissà, non lo vedeva che come un essere rozzo e ignorante. Era stato amore? O che altra passione? Un odio, un mero dominio? Una lotta inutile per una vita presa in prestito? O amore, s’era detto? Amore...

Artigliò il terreno come se avesse potuto afferrarvi dentro un’anima.

La disperazione gli mordeva la carne; e quel dolore, che nemmeno l’alcol mediocre comprato coi soldi e col rancore avrebbe mai lenito, gli squassava i nervi.

Solo il silenzio straziante della brughiera rispondeva ai suoi pensieri; e in quel silenzio vagavano spettri mai del tutto consumati dalle passioni e dal tempo.

L’animale sospirò. “Questa è la mia storia, questa la mia maledizione.”


Egli infatti era un Brontësauro.

sabato 14 agosto 2021

Lo scarabeo morente

 Lo scarabeo morente

Uno scarabeo stercorario si svegliò, un giorno, e sentì che la sua ora era vicina. Guardò il sole con un fremito di nostalgia, con un sussulto di vergognoso timore; quindi si rivolse a Dio con voce lamentosa.

“Signore” disse “so di non essere stato un bravo insetto.”

E Dio si affacciò, sporgendosi dai lembi di eterna potenzialità e susseguente atto; e, osservando con saggia misericordia e però implacabile giustizia quella piccola creatura morente, con voce di tuono gentile rispose: “No, non lo sei stato affatto.”

La bestiola piagnucolò: “È forse perché in questa miserevole vita terrena mi sono pasciuto di escrementi, rotolandoli in sfere, la cui forma ricorda altresì perfezioni geometriche e filosofiche, che...”

“Ma no, ma no” tagliò corto Dio “questa è la tua natura. Vi hai semplicemente obbedito.”

“È perché mi sono compiaciuto dell’adorazione degli Egizi, che hanno immaginato che il Dio Khepri movesse il Sole nascente imitando il mio operato?”

“Ma no, ma no: indulgere alla vanità è talora consentito alle creature finite, giacché anch’io nella mia infinità... oh, ma non ne parliamo. No! Il tuo grande peccato, arida bestia, è la mancanza di impegno. Ti sei pasciuto di escrementi, sì, e li hai rotolati nelle roventi sabbie: ma l’hai fatto per mero vincolo biologico, senza sospingerti oltre...”

“Oh, povero me!” gridò l’insetto, alzando implorante le elitre al cielo. “Un ignavo! Sarò dunque condannato a correre per l’eternità vanamente proteso dietro un’insegna, insolentito e punto da vespe e mosconi, sdegnato da poeti in visita che non ragionano di me ma guardano e passano?”

Dio si raddolcì, lo guardò con paradigmatica bontà e, con voce somigliante al mite zefiro di primavera, disse: “Non è così che ho deciso. Ti verrà concessa un’altra possibilità. Morirai e rinascerai in un altro mondo: e sarà tuo compito pascerti di escrementi molto più grandi, e rotolarli in sfere giganti che solchino le strade non per trasportarvi cibo e uova, ma solo e unicamente per esaltare la propria gloria escrementizia; sfere così grandi, dovrai comporre, che gli uomini dovranno voltarsi e torcere il viso per lo sgomento. Questo è il mondo in cui rinascerai.”

Il povero scarabeo, tutto tremante, a malapena osò alzare gli occhi, e si limitò a fissare un orizzonte vago, sperando che la divinità ne occupasse comunque i margini. “Oh, Signore! Ti ringrazio per la possibilità che concedi a me, ultimo dei tuoi servi. Mi pascerò di enormi escrementi, ed enormi e inusitate saranno le palle di merda che formerò e rotolerò, inesorabili e autoreferenziali, per le strade, fino a provocare negli uomini sgomento e sconcerto. Sono pronto a morire e a rinascere in quel mondo. Ma dimmi: dove mai si trova?”

E Dio guardò la sua creatura, e con voce ormai lontana e piena di ridente sussiego rispose: “Nella redazione di Libero.”

giovedì 29 luglio 2021

La riva è lontana

 Adriatico meridionale, soleggiato e caldo mattino di fine luglio.

Sto nuotando placidamente a rana quand'ecco che, nella direzione perpendicolare alla mia, torna verso riva una coppia, lui e lei, sulla sessantina. Anch'essi placidamente a rana; lei dietro e lui, Antonio, due o tre metri avanti.

"Antò! Antonio!" dice lei, lasciandosi intendere dalla Puglia all'Albania e quindi, prevedibilmente, da me.
Ma non da Antonio.
"Antò! Mi senti?"
Antonio fa dei cenni e continua a nuotare la sua placida rana verso riva. E la riva è lontana.
"Antò, ti devo raccontare del costume che ho visto! Antò!"
Pausa di lei. Pausa di Antonio.
"Il di sotto era maculato, la mutanda, ma maculato bello, Antò!"
Rallento per rendermi conto, per la prima volta in vita mia, dell'esistenza della categoria del "maculato bello".
Poi penso a come sarà il maculato bello.
E quindi il maculato brutto.
Smetto di pensare.
Per fortuna l'imperterrita signora, seguitando a nuotare appresso all'impassibile Antonio, e la riva è lontana, deve ora descrivere la parte superiore del costume.
"Antò! Antonio mi senti? Devo dirti! Il di sopra, Antò! Vedessi! Un triangolo, una tetta era maculata. Ma come un leopardo, no? Antò! E l'altra... mi senti Antonio?"
Antonio nuota. Ella nuota.
"L'altra aveva un disegno! Di una tigre! Ma bella!"
Non so se bella come il maculato bello, invero; e non immagino con quale correlazione felina.
"Antò! Ma mi stai ascoltando? Comunque era troppo piccolo, se no al volo lo compravo!"
Li oltrepasso; nuotano ancora placidamente, e così dirò di me.
Antonio, io ti stimo.
La riva è lontana.

martedì 6 luglio 2021

Sonetto di un pennacchio

L'altro giorno è morto Richard Lewontin.


Sonetto di un pennacchio

Vedi, c’è tutta la vita che varia,

per caso e quindi poi per selezione.

Ci infili, umana e forte, la ragione:

così vedrai ch’è stabile o precaria


la vita ch’è partecipe o vicaria

d’altri costrutti e d’altra evoluzione,

mentre si adatta per luogo o regione,

per una conseguenza necessaria.


La vedi costruire quest’ambiente,

e di rimando farsi costruire,

facendo patti se viene trovarsi


ad essere qualcosa e non più un niente.

E siamo in nicchie, sai, per non morire:

noi qui, fugaci o probabili intarsi

lunedì 28 giugno 2021

Sonetto su un polinomio di grado dispari

Sonetto sul fatto che ogni polinomio a coefficienti reali di grado dispari ha (almeno) una radice reale e su una relativa dimostrazione basata sul teorema degli zeri


Si prenda un polinomio; lo si prenda
di grado dispari, come funzione
compresa in R. Dominio e ragione
della continuità non si sospenda:

e nel cercare radici, s’intenda
che almeno una tra di loro ha posizione
solo reale; la dimostrazione
in queste poche righe si difenda.
Guardando gli infiniti avanti e indietro,
d’un lato in positivo si diverge
dall’altro in negativo. Questo vale

perché d’ogni valore si dà metro:
il polinomio, continuo, s’immerge
per forza dunque nell’asse reale.

martedì 22 giugno 2021

Sono racconti per nessuno

E no, non è un tentativo di autocritica né una forma di scaramanzia: sono racconti che ho scritto tra il 2019 e il 2021, in un periodo ricchissimo di cose da fare e assorbito in buona parte dalla pandemia, periodo che ha visto la composizione del prosimetro Una poderosa rapsodia di incompiuti e del poema Tempo notturno, della silloge Il guscio, dei Sonetti del Dantedì, di quelli sui paradossi e del gioco poetico Canone accidentale

E un'operazione di appendicectomia e la prima dose di vaccino anti-Covid, se vogliamo affiancare il corpus sanum alla mens bollita. Sto pianificando un poema nuovo, al quale mi dedicherò a partire da settembre, perché adesso ci sono 32 gradi all'ombra e l'unica cosa a cui riesco a pensare sono le granite al limone.

Be', magari uno dei prossimi giorni scriverò un sonetto sulle granite al limone.

Per non farci mancare niente, ecco qui dunque una manciata di racconti, liberamente disponibile in versione PDF e in ePub. Ci sarà anche il cartaceo, a breve, a prezzo politico o giù di lì.

Alcuni racconti risentono di una matrice comune: La corsa delle 6:35 è parente, nelle sue menzogne, di Ti ricordi; il quale a sua volta pesca nello stesso fascino per la mediocrità de Il punto di mezzo, e in un futuro distopico non lontanissimo da quello di Risorse. La musica di Risorse, a sua volta, potrebbe richiamare la danza di Per ogni passo non replicato o il teatro di Sipario. Ci sono relazioni tra il volto de La faccia e i luoghi de Il posto.

Ci sono endecasillabi di mezzo, sì, ci sono anche dei settenari. Le forme delle nuvole è - oltre all'ultimo racconto scritto, in ordine di tempo - anche un abbozzo di quello che potrebbe essere il prossimo poema.

E ora, clic:

Sono racconti per nessuno (ePub)

Sono racconti per nessuno (PDF)


Il tutto è distribuito sotto licenza creative commons: attribuzione, non commerciale, niente opere derivate.



mercoledì 12 maggio 2021

Sonetto su un numero irrazionale

Sonetto sul fatto che se per un numero reale R vale che R+1/R è uguale a un numero dispari, allora R è irrazionale


Tra voi qualcuno se n'è mai accorto?

Si prenda dunque un numero reale.

Ma non a caso: lo si prenda tale

che, se sommato poi con il rapporto


di uno su di sé, si veda scorto

un risultato dispari. Morale:

quel numero non fu mai razionale.

Ciò si dimostra con poco sconforto


e per assurdo bene ragionando:

si pone il numero come frazione

d'interi, poi si calcola e si svolge.


È sempre strano questo mondo quando

il mondo si fa numero e ragione,

e il cuore si diverte e si sconvolge. 


domenica 2 maggio 2021

Sonetto di aritmetica modulare

 Sonetto di aritmetica modulare


Si prendano due numeri, lì dove
le cifre son le stesse, ma in diverso
posto nell’uno e nell’altro. Traverso
poi delle facili e comode prove

si vede che si divide per nove
la loro differenza. L’universo
in cui si fa questo conto è riverso
in base dieci: ma val pure altrove,

in altre basi, con senno opportuno?
Se già si conta, dico, in base kappa
la divisione della differenza

è data qui per kappa meno uno?
O in altri mondi irrisolti si incappa?
Vi chiedo di mostrarmi l’evidenza.

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Con questo sonetto volevo rendervi partecipi del fatto che se prendete un qualsiasi numero naturale N di n cifre scritto in base 10, e poi prendete un altro numero naturale M di n cifre sempre scritto in base10 ottenuto permutando le cifre di N, la differenza N-M è divisibile per 9.

Per esempio, se N=7693 e M=3967, effettivamente (N-M)/9 = 414

Per dimostrarlo si osserva che un numero scritto in forma decimale è congruente, modulo 9, alla somma delle sue cifre; visto che M e N sono composti dalle stesse cifre, la differenza M-N è dunque zero, modulo 9.

Domanda: è vero che tutto si può generalizzare a una base qualsiasi, non solo decimale? Vale a dire, se due numeri M e N sono scritti in base k, la loro differenza sarà divisibile per k-1?