Programma
Si tacciono le trombe di rivolta,
finché morente nella quiete schiocca
la tremula fanfara del ricordo,
e muto dalla terra
s’alza un muro inespresso di parole:
la nuda voce morde
genti da comparare
e polmoni che sfiatano distorti
dall’aria dell’inverno
che alla fine sta scivolando via.
Nelle strade che corrono strappate
dai passi miei convulsi
nascono grossi fiori
che bucano la primavera inerme
e questa notte chiara,
che tutto ricopre meravigliosa,
rallenta; abbacinante
si posa la memoria
sui passi e sulle voci
grave chiamando, e festosa, domani.
Inverno
Già cade neve di cui non sospetto
peso né forma; pallida sospende
l’aria d’intorno che tacita vende
un tempo rotto in minuti. Dispetto
s’è fatta l’attesa. Ronza nel petto
la pazienza dei vinti che non prende
la via del fiato: lanugine scende
dall’ansa dei ricordi e muore a getto.
Va, quest’inverno latente, rotaia
ch’è diretta a un domani rapace:
ghiaccia nel grigio dei miei solitari
giorni, sembra che sorda vi scompaia
la luna nella notte, mentre tace
la nebbia che appassisce sopra i mari.
L’estate del mendico
Mi cuoce un caldo grasso, senza odore:
pelle di cera bollita non dorme.
Il sole è un unico numero enorme
che strizza l’acqua in esausto vapore
e tutto conta: l’ombre lunghe more
che sgusciano imperfette dalle forme
dei corpi vuoti, cave sono l’orme
che infestano la spiaggia come spore
d’umana pianta. La travalicante
gobba dell’onda supina s’affloscia
e rende l’immutato esilio estivo
solo un’infelicità galleggiante
che frusta, come sale sulla coscia,
l’ansia d’amore di chi più n’è privo.
[ET dic2014-mar2015]
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