lunedì 30 gennaio 2017

Storie della mia vita e storie della tua vita

STORIE DELLA MIA VITA E STORIE DELLA TUA VITA
(senza spoiler eminentemente perspicui sulla seconda)

Svegliatami appositamente prima del solito, lanciato un quineano e stentoreo "gavagai" a sondare le profondità dello spazio sconosciuto, in nome della buonanima di Saussure mi accingo a leggere, tutta interessata, "Storie della tua vita", il racconto di Chiang da cui è stato tratto "Arrival".
Lo spettro di "Tlön, Uqbar, Orbis Tertius" si aggira per la stanza, Borges ride, Borges ride sempre in questi casi. Soprattutto è contento perché sa che in qualche modo verrà citato. Eccomi preparata.

Ve' gli eptapodi, che impressione, 'sti barilotti e i loro grovigli di semagrammi e i loro principi variazionali, magari è pure gente che si trova a suo agio negli spazi di Sobolev, cosa che io ritenevo possibile solo a certi fisici matematici dopo il terzo giro di alcol; mi si impegna il cervello, e già stanotte mi ero sognata che ero a Praga e c'era un gatto bianco fatto a losanga, lungo lungo, che lavorava come stola abusiva per le signore che volevano andare a teatro. Vado avanti a leggere. Qua e là mi schiarisco la laringe, mica mi sentiranno? Mi viene in mente quando Antonino ha incontrato per la prima volta mia nonna, e mia nonna ha parlato rigorosamente solo in veneto. Qui dev'essere stato addirittura peggio (mia nonna quantomeno ha conformazione umana). A proposito, in veneto "Arrival" sarebbe stato tradotto in "co 'rivo 'rivo, e se no 'rivo te scrivo", lo dico per i linguisti. Comunque non potrà essere peggio di quando Antonino mi ha detto "perché non impari un po' di programmazione funzionale?"

Per la cronaca, sto ancora rimandando, c'è stata una tremenda inondazione, non mi avevano consegnato il tight, le cavallette.

Sancta Characteristica universalis orapronòbis, però, il racconto è interessante. Bella storia. Mi si compone davanti codificandosi per immagini. Quello che ho capito è che crescere dei figli deve avere a che fare con dei conati di linguaggio performativo, sì, e di giochi a somma diversa da zero; ma soprattutto con degli impossibili processi di ottimizzazione, di vana e tortuosa ricerca di massimi e minimi. L'avrà detto anche Fermat, di sicuro; sarà stata una delle dimostrazioni che ha omesso di scrivere perché non c'era spazio sul margine della pagina.

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