Ove ci si ricorda delle proprie origini venete e si scrive un sonetto caudato.
Il capannone
Campagna, te go dito, la ghe gera
tuta qua intorno; forse resta
sottesa ai vincoli, poi, di cartapesta,
del lavorare finché viene sera.
tuta qua intorno; forse resta
sottesa ai vincoli, poi, di cartapesta,
del lavorare finché viene sera.
È tutta roba fatta, e vita vera,
è quello che ci cova nella testa
e non c’è mai nessuno che protesta,
non c’è nessuno che dice che spera
è quello che ci cova nella testa
e non c’è mai nessuno che protesta,
non c’è nessuno che dice che spera
in anime diverse. Fato puìto,
e che el governo me staga distante.
Son vivo come devo, e non saprei
e che el governo me staga distante.
Son vivo come devo, e non saprei
davvero esser altro. L’infinito
è dato in poche cose, non in tante:
mi sò el paron qua dentro, co’ i me’ schei,
è dato in poche cose, non in tante:
mi sò el paron qua dentro, co’ i me’ schei,
e dica pure lei,
e chi non ha da dire, el varda e el tasa.
È questo che fa il mondo, mondo e casa,
e chi non ha da dire, el varda e el tasa.
È questo che fa il mondo, mondo e casa,
che gravita e si intasa
fin dentro un ordine senza ragioni
ch’è campi e giorni e notti e capannoni.
fin dentro un ordine senza ragioni
ch’è campi e giorni e notti e capannoni.
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