Frattanto, mentre vana a quel governo
l’Europa raccomanda parsimonia,
arriva nei recessi di Lapponia
la lettera del Sire dell’Interno:
accluso, come omaggio, pure un selfie.
“Leggete” dice Babbo agli assistenti.
Aprendo la missiva, reticenti,
impressionati sospirano gli elfi:
“Babbo Natale, pur tu tra gli amici,
questo ti chiedo mi venga in regalo:
i neri in altri porti e senza scalo,
e se ci sono zingari felici
la ruspa me li cacci per le strade.
Nessuno che mi chieda, in ogni dove,
di quei milioni, ben quarantanove;
e se qualcuno le tasse le evade
venga lo sconto: così già mi piace”
Sbottano gli elfi, ricolmi di bile:
“Guarda che lingua mendace e servile!
Fanno il condono e lo chiamano pace!”
Leggono d’altre richieste e favori:
“Soltanto con la donna l’uomo scopa:
lo chiederei per legge. Poi, l’Europa:
ci sbatta lei per prima noi di fuori,
così le diamo colpa, e in primavera
possiamo fare il pieno d’altri voti.
Studenti, letterati, sacerdoti,
se vogliono gustarsi la galera
non hanno che da dirlo. Chi protesta
lo sbatto sopra i social per la gogna.
Ancora: se ci va di dir menzogna
si faccia sembrar vera. Che mi resta?
Ah! Prima il popolo, quello italiano,
cristiano, col presepe, sovranista:
che pensi che sia solo terrorista
chiunque si professi musulmano.
Infine, si cancelli quel valore
che dà per legge l’uscir d’ateneo.
T’attendo con affetto, tuo Matteo.”
Tacciono gli elfi, con grave timore.
Babbo Natale si passa sugli occhi
chiazzati e inumiditi dallo sdegno
la mano. Poi risponde: “Io m’impegno,
io che di solito tratto balocchi!
Di questa invereconda e triste lista
non una cosa avrai per Natale!
Nulla pietà per chi predica il male!
Solo dolore.” E si firma: “Buonista.”
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