(ABBA ABBA CDE CDE eFF fGG)
Vuoto lo spazio, la legge sia questa,
che dell’elettrico campo dà norma.
Noi la sappiamo, poiché la si forma
da quel teorema - così come attesta
Gauss d’infinita, mirabile testa -
che nelle chiuse superfici informa
che i flussi dipendon dalla torma
di quella carica ch’entro vi resta
ma mai da com’è messa nell’interno.
Posto sia noto il teorema del flusso
questa è la legge che pone licenza:
se non vi sono sorgenti, in eterno,
pel campo elettrico, s’è qui discusso,
nulla si rende la sua divergenza.
Ma quando v’è presenza
di cariche o correnti, cambia molto
e quanto ho scritto prima viene tolto.
Ed ecco il nuovo volto:
il campo divergendo, dico invero,
vale la densità su epsilon-zero.
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Già nello spazio una linea s’è chiusa,
tosto magnetico il campo v’induce
elettromotrice una forza. Luce
che retta movi nell’aria, diffusa
o rifratta dal mondo, tu, confusa
tra ‘l corpuscolo e l’onda, ci conduce
a te la fisica ch’ognun seduce,
la matematica ovunque racchiusa.
D’elettrico il campo il rotor, è noto,
se tu lo cambi di segno, s’eguaglia
a quanto varia nel tempo quel campo
ch’è generato da cariche in moto.
Mira la legge che mai non si sbaglia,
mira il magnete che vira nel lampo.
È norma senza scampo,
ch’essa sia posta con forme globali
o localmente, pur senza integrali.
Tra vuoto e materiali,
e mai vi sia chi su ciò mi corregge,
differenza non c’è: pari la legge.
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Qual nella bussola l’ago vacilla
vago puntando sul nord sconosciuto
così fa l’uomo rapito e perduto
volgendo al suo destino la pupilla.
volgendo al suo destino la pupilla.
Dalla natura il sapere distilla,
al magnetismo lui chiede tributo;
al magnetismo lui chiede tributo;
non più un principio gli venga taciuto,
l’uomo è di ferro, la mente favilla.
E qui torniamo alla legge del flusso
posto che esca da chiuse membrane:
sì, del magnetico campo parliamo.
Netto sia preso, s’annulla indiscusso.
Ecco la legge che norma l’immane
vettorial campo che B noi chiamiamo.
E più non v’è reclamo:
che vi sian cariche o vuoto, non conta,
questa è la norma, trascritta già pronta
e infine ci racconta,
come se fossero ignoti segreti:
non vi son monopoli tra i magneti.
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È del magnetico campo il rotore
pari alla somma di due componenti,
qui tralasciando quei due coefficienti
che del gran vuoto forniscon colore
(mu ed epsilòn, con lo zero ad onore
del vuoto stesso). Qui son le correnti
e d’elettrico campo i cambiamenti:
sommano e danno l’esatto valore.
Il che vuol dire, con voce diversa,
che l’integrale di B su una curva
(chiusa, si noti) è proporzionale
alla corrente che quella attraversa
e a quanto varia, traverso la curva
del campo elettrico il flusso reale.
E poi, per quel che vale:
da quell’ambra dei Greci siamo giunti
passando per il ferro e i suoi congiunti
a codesti desunti
bei campi che si norman d’equazioni.
E fu la luce; e poi le radiazioni.
© Elena Tosato, 6-7 maggio 2016
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