sabato 30 agosto 2014

Uno spirito soave pien d'amore

Mi sono iscritta a un gruppo di poesia su Facebook dove, accanto a notizie interessanti, compaiono altresì tremebondi tentativi di fare poesia da parte dei soliti che vantano un vocabolario di duecento parole, una totale ignoranza del metro che decidono di non usare, un senso della musicalità involontariamente post-dodecafonico e una ricerca di immagini poetiche che potrebbe andare dritta nel dizionario alla voce "stereotipo". 
Siccome tra i miei superpoteri c'è anche quello di sapermi rendere immediatamente simpatica ho scritto loro un sonetto!

Ahi, me lassa, quant'amara doglianza
Nel leggere d'immagini sì sciape!
Qual fiore smorto che sfugga dall'ape
Tal è il poeta che per tracotanza
Ignora gli stilemi e l'abbondanza
De' metri da saper! Che dalle rape
Non cavasi 'l sangue, ciascun lo sape;
Ma poetar si deve dalla panza?
Che fu di Febo, che fu delle Muse?
Che fu del lauro, del mirto soave?
Chi rese Volo, al confronto, Montale?
Tacciano menti per altro confuse!
Se mai poetar divenne sì grave
Ben meglio mi fia ch'io beva un cordiale.

1 commento:

  1. E gliene ho dovuto scrivere un altro. La prossima, temo, sarà la Ballata di Dunnig-Kruger.
    Ancor mi pongo l’angusto rovello.
    Chi mai fu ‘l primo, nefasto profeta
    a dar la stura al futuro poeta
    di far dicendo del ritmo sfracello?
    Non ch’io mi voglia esegeta del bello
    qual lo scultore posando la creta
    nel ciel s'affranca a mirar la cometa
    in lei cercando dell’arte suggello;
    ma già mi chiedo, con vero sconcerto,
    se mai sia ammesso in arte o natura
    aver parole sì fiacche o sì vane;
    fin che il rimar sia mutato in lacerto
    ben si ritiene di porre a cesura
    enjambement alla cazzo di cane?

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