lunedì 15 marzo 2010

Lettera al Papa!

Alla precipua attenzione di Sua Santità Benedetto XVI.



Eccellentissimo atque Reverendissimo Successore del Principe degli Apostoli,

verghiamo questa umile missiva prostrandoci al cospetto della sacra pantofola e umettandola con labbra indegne per sottoporre al Vostro santissimo giudizio, semper assistito dalla Grazia divina, una questione della massima importanza.

Apprendiamo con soverchia mestizia, o Infallibile Bavariensis ex Cathedra, che la Vostra Weltanschauung stigmatizza la mentalità relativistica ed edonistica latrice, a Vostro dire, di un’insana frenesia che vilmente attanaglia il Creato causando lo sgorgare di copiose lacrime in Gesù bambino, pubescente, adulto, risorto, e nella Sua Divina e Misericordiosa Madre, Turris eburnea et davidica, ora pro nobis, sia Ella in effigie, in carne o in concetto, poco conta, così come poco conta che il Suo figliolo unigenito sia in sostanza o in accidente quando Egli piange e si sacrifica per i nostri peccati, in saecula saeculorum, amen.

Non è nostra intenzione, o Elegantissimo Cappellatore di Ratisbona, metterci a disquisire sulla dottrina biblica e sugli eruditi presupposti che Vi fanno logicamente -vegli il Filosofo, con la Luce della Fede, sul Vostro intelletto- dedurre siffatti anatemi; non ne avremmo la statura morale né tantomeno le capacità dialettiche ed esegetiche, ed incapperemmo in giusti strali e inverecondo sdegno, come avrebbe già fatto notare a suo tempo San Girolamo tacciando di puerilità chi s’accostava al commento della Scrittura senza conoscerne i paradigmi.
Sarebbe come dire, Santissimo Vicario di Gesù Cristo circondato dalla benevolenza di elvetici manipoli, che una persona avulsa dalla carnalità e dalla vita coniugale si impuntasse a discettare di famiglia e di copula, essendo quest’ultima intesa quale attività incline alla lussuria quando non assistita dalla caritas e incanalata nell’alveo del sacro vincolo del matrimonio, e non come predicato nominale. Ciò non è dato, né mai si dia, ed oso ardire di pensare che ne converrete Voi stesso.

Essendoci esclusi per natura dalla discussione sugli attributi divini, ed essendo parimenti stati espunti dal novero dei prescelti per il Cortiletto dei Gentili, poiché molti furono i chiamati, ma pochi gi eletti, è purtuttavia nostra intenzione porre all’attenzione della Vostra magnificenza, o Primate d’Italia, ahi serva, quanto segue.
Quid sum, miser, tunc dicturus? direbbe ora il penitente. Ma noi, sommo pontefice rubrocalzato, andiamo oltre e ci definiamo come i più miseri dei miseri, flammis acribus addicti, confidando che l’Amore di cui Vi fate divulgatore e tramite, in sacerrima joint venture con lo Spirito Santo, ci salvi o quantomeno ci ascolti.
E’ in queste sdrucite vesti che, quali flagellanti sacrileghi, quali ultimi profanatori della sobrietà quaresimale, leviamo un grido in nome di coloro che mai credettero, che mai sperarono nella grazia celeste, e di coloro che, avendovi creduto e avendovi sperato, liberamente decisero di vivere altrimenti la propria esistenza. Altro non chiediamo, o Servo dei Servi di Dio, o valvassino dei Campi Elisi, che tale esistenza non venga vincolata da dettami morali in cui non ci riconosciamo, avendo al più visto nella natura quel che Voi delegate ad un essere perfettissimo e causa prima, e non essendo quindi affatto partecipi di quel che per noi rimane mito o favola indimostrabile, sacra sì per chi vi fa voto ma non passibile di estensione a regola per chi se ne discosta.
Altro non chiediamo, duecentosessantacinquesimo sovrano di uno stato che s’arrocca al di là di un Tevere biondo e sempre più limaccioso e stretto, che Voi e la gerarchia cui siete stato posto a capo, cinque primavere fa, cessiate di impetrare leggi terrene volte ad includere chiunque, regolandone i tempi e gli umori, anche se questo chiunque fosse inoffensivo al prossimo suo e a se stesso.

Demandando ad una lettera successiva le questioni sullo IOR, i benefici fiscali, la copertura dei preti pedofili, l’appoggio a dittatori sanguinari, gli effetti della longa manus dell’Opus Dei, et caetera, devotamente Vi porgiamo i nostri omaggi, intensi come un’antifona di Hildegarda di Bingen mentre attendeva notizie Bernardo di Clairvaux intento a predicare il malicidio, ispirati come un'epistola di Paolo di Tarso mentre squittiva contro le donne e visionari come l’Apocalisse di Giovanni quando precorreva Bergman coi suoi sette sigilli.


15 marzo 2010

Elena Tosato, cittadina italiana.





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