venerdì 15 gennaio 2010

Eco di un Eco 2

Nel 2010, ho riadattato la cosa. Un sentito grazie al pregiuato Gazzettiere, cui si debbono l'appellativo di Adustum e di Silvio Papio e il suggerimento di parlare di Marcello Utro Siculo e Borghezio Ululatore.

Innanzitutto, un lipogramma in "o" di presentazione all'Eco.

Salve a te, illustre principe dell'Accademia della Scienza dei Verbi,

a te che hai sembianze, nel termine che ti qualifica all'anagrafe, della Ninfa che Era rese muta. Muta! Tale è la celia della dicitura che ti meriti a causa della tua stirpe natale, per te che sei ineguagliabile nel Dire, te che sei seguace di Euterpe e le altre, che elegante evisceri il semàinein e sei anche esegeta dei sette dì delle avventure di Baskerville e di Melk!
Per celebrare i trentaquattr'anni di una missiva che vergasti in vesti auliche ed antiche per chiarire le tue ambasce al sire delle Indie del West, qui si pensava di riscrivere la lettera, pur se umilmente indegni della tua Musa, quasi afasici per pudicizia innanzi a simili livelli (ci venisse un'ernia all'area cerebrale che presiede l'enigmistica e l'inventiva!)
La si riscrive, sapiente interprete delle Aganippidi, per adeguarne gli intenti ai tempi.
A seguire la leggerai, imprescindibile esteta di Minerva in bustina: abbine cura, e clemenza.



Ad Baracchum Obamam Adustum Pacificum.

A te, Principe e Imperatore, Luce delle Indie Occidentali, Reggitore della Pax Atlantica, al Senato e al Popolo Americano, ave.
Perdonerai se una lettera sul reggimento delle città e dei popoli ti arriva non da un monarca federato, non da un condottiero di eserciti, non da un prefetto della flotta; perdonerai se non ti arriva nemmeno da un custode della koiné ellenistica, da un eco, da un riverbero, da un’entità acusticamente rilevante, da altre amanti di Narciso, niente di niente, poiché pare che gli adepti di quella confraternita di saggi che con tauroboliasti di Mitra, sacerdoti dei Misteri di Iside, ierofanti del Trismegisto, ministri del culto di Baal e di Astarte, secretari di Eleusi, decrittatori della Pizia, pseudoarconti delle Grandi Dionisiache, produttori della Scrittura, triangolatori di Edipo, semiarchi del Desiderio, terapeuti del Terzo Escluso, gnostici della Differenza e omologarchi del Plèroma, costituiscono ancora l'unico prodotto autoctono dei paesi del Mare Interno, già Nostro, siano impegnati in dispute interne; e di tali dispute e intemperie morali, così come del vituperato stato della vita nella tua fidatissima provincia m’accingo, Egemone della Speranza, a farti sommaria menzione.

Da che ti giunse l’ultima relazione sullo stato di cose nel territorio del Ponto Ausonio, divo Marte che affascinò i Vichinghi, molto è cambiato nella stirpe dei Mitridatidi, a tal punto che non solo rimane immota e uguale a se stessa la capacità di resistere ad ogni veleno ma anche, corre voce tra il volgo, quella di riversarlo spargendolo a piene mani sull’incauto avversario, fomentatore di insane gesta, con l’ausilio di appositi poeti di corte: è il caso di Augustus Mintiolinus Arcoreus, e Victor Feltrius Mithrochinius Bufalòfero, e Mauritius Pulchrupetrus Liber e Iulianus Ferrarensis Eubioticus.

Nel nostro regno, la prima venuta di Mitridatidi fu un giorno condotta a rovina e dissipazione da corruzione interna a tal punto da rimanerne decapitata. Uno dei più insigni membri, quel Benedictus Craxis che pure ebbe a pugnare con uno dei tuoi predecessori, sommo Augusto Afro, piagato nel corpo e imbozzacchito nell’animo da uno scroscio di tintinnanti sesterzi fu costretto a riparare nella sua tenuta nell’Africa Proconsolare, ove, pur novello Creso d’oscure fortune, morì infermo. Gioisci, supremo Giudice dei Giudici, Esculapio dei Miseri, perché la carità che s’addice alle cristianissime radici enotrie perdona i colpevoli, li assolve dai loro peccati, intitola loro un cardo, un decumano, un intero graticolato.

Quanto al sardo Berlinguero, non avertene più a dolere: colpito da morbo improvviso mentre arringava la folla in Patavium, anch’egli subì l’opera ineluttabile d’Atropo. Riguardo al contenuto dell’ultima missiva che ti giunse dal Ponto Ausonio, t’informo inoltre che l’onesto sardo ebbe a dichiarare di ritenere opportuno che il regno seguitasse a sottostare al riparo pluviale dell’Alleanza.

Passata quell’epoca, o Cesare che aneli uscir dalle sabbie mesopotamiche, viviamo felici sotto il dominio incontrastato del nostro unico Sire, Eliogabalo Bisluscus Lupanator Pantocratore, artefice di Mediolanum Secundum e di opere immense e sempiterne. Novello esaltator di Messaline, è attorniato da fedeli legati, virginali ancelle e sudditi estatici che l’amano come solo si può amare il figlio celeste, il protettore dei Lari e dei Penati. Anzi, facciamo solo dei Penati, visto che con i Lari ha qualche screzio, sobillati come sono dai paradossali nomati di Res Publica.
Lascia che ti parli, alato Mercurio dei B52, anche del fidato seguito di Silvio Eliogabalo Papio, vetusto mimo dagli ascosi coturni, aruspico di viscere sempre a lui favorevoli, normatore parallelo per se stesso, avulso al seggio di Dike, prossimo pontificatore di Scilla e Cariddi, cui non si può negare nemmeno il titolo di Paracaligulensis, vista la sua propensione a chiamare al senato al suo fianco sodali d'altrettanta stirpe equina, in siffatta specie quella di cui Apuleio da Madaura cantò un aureo esemplare.
Borghezio Ululatore Onagro, tra questi, tonante e fumigante dalla Gallia Belgica, o Calderolio Simplex Porcellumificator coi suoi manipoli di Tunicati virescenti; strenui difensori dell'eburneo cisalpino, strepitano contro i Numidi e i Mauretani, massimamente, ma anche contro Cappadoci, Daci e Traci, alla bisogna, per tacere poi dei cachinni rivolti ai barbari che s'approssimano alle labili frontiere dell'Impero: eppure nulla avrebbero da ridire contro il tuo incarnato, se riconoscessero in te l'augusto tallone sotto il quale il loro Sire auspica umilmente collocarsi.
E ancora Marcello Utro Siculo, mecenate di Eroico Manganico, profondo mediatore delle sorti trinacrie, di cui esalta i ritmi agresti, il bucolico idillio fra la terra e le sue famiglie, anche, e soprattutto, quelle che non esistono.
O Gasparrio Ineffabilis Oculovispo, o Letta Psicopompo, o il recente Antinoo di quell'Adriano, Capezzonio Loquens. Quanto agli antichi dioscuri Finis Subaqueus Cunctatore e Casinio Caltagironico, pur se talora scostanti e critici, non danno cenno di rappresentare un vero pericolo per le sorti del Sire di tutte le Brianze.

Gli eredi dello schiavo sardo, da Prode Cincinnato a Veltro Sedetiam, da Rutellus Quovadis a Bertinozio Cashmirio a Bersanus Ultimocerinus, pur scagliando con bruta meschinità strali di pessimismo e miseria, di Povertà e Bisogno, falcidiando le speranze del popolo, sono, se non oramai usciti dall’arena insanguinata, ridotti a fronteggiarsi oraziocuriazialmente; purtuttavia, l’odio e il livore che esacerbano le loro menti non baciate da Minerva e dal Senno virtuoso armano qualche piccolo Spartaco Balbo, scagliatore di basilicolaterizi contro le imperturbabili e sempre nuove fattezze del divino Pluriamatore Casoriense; per non parlare dei Togati, profanatori della veste che fu del Senato e del cuore pulsante della Giustizia e della Legge. Tenta ancora infatti di smaniare il già procuratore Antonio Petro Catilina. Ma al fine di preservare i meneghini precordi dell’Apollo di Bondi, giammai si nomini il persecutore del Pacificatore d'ogni sisma, questo nefasto sovvertitore della Concordia Ordinum tanto auspicata dall'anziano sacerdote del tempio Napolitanus Cautus, questo congiurato contro la riforma del diritto romano, che in passato fu acerrimo nemico di Ceppalonzio Mutevolis!

Per questo impetro, eccelso e munifico Dardeggiatore d’Afgani, la tua protezione e le tua clemenza nei confronti del proconsole del Ponto, poiché anch’egli, come già ebbero a fare i tuoi predecessori, combatte senza tema, con virilissimo ardore, le profezie dell’Uomo di Treviri e il sordido tramare dei di lui accoliti.
Invitalo, supremo Soggiogator dei Persi, nelle tue stanze come fece fraternamente Arbustus Secundus Grammaticus, Giove dei Pozzi Oleici e imperatore prima della tua venuta, concedendogli l’accoglienza di qualcuno più nobile e più modesto dei soliti Cappagibìo Oltreuralico e Satrapo Libico, giacché l’Europa, questo molle feticcio incarnante la figlia di Agenore rapita dal padre dei Numi fattosi toro, ne spregia i modi, l'essenza e le peculiarità che lo rendono unico tra gli unici. Forse che non siamo stati, per anni, una colonia fedele e attenta? Forse che non abbiamo atteso alle disposizioni capitoline come il più solerte degli schiavi? Forse che non accogliamo, ancora, schiere delle tue legioni, e centinaia di tue daghe, e flotte di tue triremi? Forse che non continuiamo a costruire accampamenti per le tue milizie a ridosso delle nostre città? Perché lo disdegni, re dei giusti e di coloro che furono volenterosi?

Ogni vassallo abbisogna di un re. Senza la tua considerazione, l’unico sovrano che possa piacevolmente spadroneggiare sul Ponto rimane il Germanico Rubrocalzato Enciclicatore. Necessitiamo di padroni migliori.

Vale.

O come si dice qui nel Ponto, Vale Tutto.

(Elena Tosato 2010)

EDIT: il lipogramma è rimasto uguale; invece, la lettera è stata rimaneggiata dal Pregiato Gazzettiere (JG) e la versione a due mani è stata spedita via mail a Umberto Eco. Il quale, a stretto giro di posta, ringrazia per il pastiche e chiosa che, ahinoi, di Lettere dal Ponto bisognerebbe scriverne ancora.
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