mercoledì 11 aprile 2018

Ghiaccio

Era estate, lei era giovane, be', più giovane di ora, era nella sua camera da letto, l'afa insopportabile, una casa senza aria condizionata, ed era tardi, un'ora indefinita, quel punto della notte in cui non badi più all'orologio e cominci a concentrarti su altre percezioni del tempo. E lei era sdraiata sul letto, e aveva caldo, e c'era lui di fianco a lei, ed erano svegli, ciascuno nella sua metà, col ventre sudato sul lenzuolo ormai impotente, la schiena esposta a qualsiasi velleità di brezza notturna che potesse entrare dalla finestra, e invece stagnava tutto, l'aria, il tempo, la notte, anche i pensieri. Ma erano giovani, e forse una volta erano stati anche innamorati, e li illuminava appena la luce arancione dei lampioni sulla strada, e qualche macchina passava lenta, in sottofondo, e il sonno non arrivava e si appiccicava alle palpebre senza chiuderle, e allora lei disse a lui di andare in cucina a prendere dei cubetti di ghiaccio, passameli sulla schiena, il caldo, la tensione esasperante dell'umidità non possono vincere la forza dei sensi, l'istinto e il desiderio sono più forti dell'afa e della noia, e lui si alzò e andò in cucina, e lei lo attese, lo attese, e sentiva distintamente la pelle della schiena che si imperlava di altro, avvilente sudore, il tempo che tornava ad avvolgersi sull'orologio, la luce arancione dei lampioni distanti; una volta, forse, erano stati innamorati. Infine lui tornò, e lei si era quasi addormentata, e il desiderio era colato via, nel lenzuolo, e lei gli chiese, hai preso il ghiaccio da passarmi voluttuosamente sulla schiena, e lui disse sì, e lei gli chiese, e perché ci hai messo così tanto, e lui disse allegro, già che c'ero ho visto la vaschetta del gelato e mi sono seduto a mangiarlo, adesso sto meglio, mi sono proprio rinfrescato.
L'ho lasciato poco dopo.

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