lunedì 5 ottobre 2015

La farmacia

Farmacia. Non la solita, che è chiusa per ferie, un'altra. Siccome c'è un po' di gente mi metto pazientemente ad aspettare che uno dei farmacisti si liberi. Mi preparo già con la ricetta e la tessera sanitaria e le uso per sventolarmi, giacché pare mica, ma fa caldo. Entra di lì a poco una anziana megera, le molli braccia burrose e trombotiche che traboccano di ricette, e mi passa davanti.

Le faccio gentilmente osservare: "Signora, qui tutti fanno la fila"
La vecchia scuote i bargigli stupita: "Ma no, qui non si va con la fila, quando si libera un posto si va" (naturalmente non me lo dice in modo così lineare: agglutina monconi di parole, li accatasta a prescindere dal loro posto sintattico)
La fisso per un istante con uno sguardo da videocassetta di The Ring e, mantenendo un encomiabile sussiego, ribadisco: "Ma io sono entrata prima di lei"
Al che la signora, scuotendosi tutta e sommergendomi con il fruscio delle sue ricette, se ne esce con: "Ah ma io l'ho vista qui e pensavo che stesse leggendo"

Immagino di avere un aspetto particolarmente intellettuale e blasé dal quale traspaiono le mie innumerevoli letture, ma porco di quel mondo che ruota incolpevole sotto i tuoi maledetti piedi di vecchia rincoglionita, secondo te una persona si mette in piedi in farmacia a leggere?
Che fai oggi pomeriggio? vieni a leggerti un libro in farmacia? No guarda, pensavo di andare al supermercato a farmi una nuotata.

Per cui rispondo.
"No, non stavo leggendo."
"Ah, capisco" (sempre agglutinando eccetera)
E si piazza sul bancone con la sicumera disperata di un ubriaco all'ultimo stadio, ripassandomi davanti se mai le fosse venuto in mente di accodarsi com'era giusto che facesse.
"A chi tocca?" fa la farmacista, che giusto in quel mentre si è liberata.
"A me" urlo, lanciandomi sul banco e atterrandovi sopra come un rugbista sulla linea di meta.
Mica s'è spostata, la vecchia. Ho dovuto brancicare la confezione di farmaci e pagare a fatica facendomi largo tra le sue molli braccia e le sue ricette.



P.S. Quella della lettura non è la scusa più bizzarra che io abbia sentito. Una quindicina di anni fa in ospedale un tizio cercò di saltare la coda dicendo "Sono andato a scuola col fratello di Giovanardi".

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