sabato 25 dicembre 2021

Sonetto sul James Webb Space Telescope

Oggi viene lanciato. E a me tremano le gambe…

Sonetto sul James Webb Space Telescope


E l’universo intorno già s’azzarda

a sbriciolarsi in immagini nuove;

l’osserva e macina immagini e prove

un occhio scuro che gravita e guarda


qualche passato che gravita e tarda.

E l’occhio sulla Terra si commuove,

e quello in cielo stabile si muove

sul punto d’orbita cui s’inchiavarda;


della struttura vista in ampia scala

dell’universo cerca i sensi, fra le torce

pulsanti delle stelle vive e morte


butta lo sguardo. Lo spazio gli cala

addosso e lì, dove poi si distorce,

punta quest’ansia umana senza sorte.

giovedì 16 dicembre 2021

Prenderla con filosofia

 Prenderla con Filosofia


Alla fine si ritrovarono tutti, nell'iperuranico paradiso dei filosofi, a guardare la televisione.
"Ma ci sono di nuovo dei filosofi in tv?" chiese una voce di lontano.
"A parlare di pandemia?" pigolò straziata un'altra voce.
Ebbene sì.
E i loro colleghi trapassati, ormai vilipesi e affranti, si sedettero a commentare funerei.
"Stanno infamando l'intera categoria" brontolò Aristotele.
"Davvero, che razza di idee" singhiozzò Platone "e io che volevo dar loro il governo della città".
"Se sapessero almeno di non sapere..." gemette, meno maieutico del solito, un poco ironico Socrate, e aggiunse: "Ma che ci fanno, sempre in televisione?"
"Ciascun uomo tende all'autoconservazione. Pertanto, tutto quello che è utile all'autoconservazione, un uomo lo fa..." rispose Hobbes, allargando sconsolato le braccia.
"Se solo evitassero di parlare di dubbi" agonizzò Cartesio, pronto a morire una seconda volta.
"Ho già detto che di tutto quello di cui non si può parlare si deve..."
"Sì, sì" si affrettarono gli altri a zittire il povero Wittgenstein.

Lo scoramento era palpabile. "Tutti là a fare i fenomeni" osservò Kant, disgustato.
Schopenauer piangeva abbracciato a Hegel; Marx guardava dall'alto Fusaro e cominciava a parlar bene di Amazon, a sfregio; Agostino disse che tanto valeva rimettersi a rubare le pere; Leibniz dichiarò che non gli importava se il calcolo infinitesimale l'aveva inventato prima lui o Newton, tanto tutto ormai era perduto, e questi avevano già problemi con le quattro operazioni, guarda qua che roba; Nietzsche si rassegnò al fatto che ad avere il caos dentro di sé si potevano generare anche delle cazzate sesquipedali.

Infine una voce si levò, flebile e pur dignitosa.
"E se ci ritirassimo negli Intermundia?"
"Suvvia, Epicuro" gli risposero quelli "Arrenderci così, giammai! Perché ci suggerisci una simile nefandezza?"
Scrollandosi di dosso le erbe del suo Giardino, il greco scosse il capo. "Sono andato a proporre agli uomini il mio Tetrafarmaco. Mi hanno detto che non lo vogliono perché non sanno cosa c'è dentro."

sabato 11 dicembre 2021

Le parole per dirlo

 Le parole per dirlo

Ho letto qualche tempo fa I racconti di Kolyma, lunga e dettagliata testimonianza resa da Varlam Šalamov ai quasi vent'anni da lui scontati, in due diverse condanne, nel sistema concentrazionario sovietico.
[Inciso: è sempre interessante confrontare questi resoconti novecenteschi - Šalamov, Herling, Solženicyn... - con le Memorie di una casa morta di Dostoevskij per vedere la continuità e le differenze tra le pratiche carcerarie e inquisitorie zariste e quelle staliniane]
A parte qualche caso di fucilazione, nei gulag si moriva principalmente di tre cose: fame, fatica e freddo, spesso in combinazione. E però, per molti anni, ai medici che redigevano i certificati di morte non fu concesso scrivere che il detenuto era morto di fame: dovevano quindi inventarsi collassi, carenze, deficienze, cedimenti, forse qualcuno avrebbe cavillato sul fatto se erano morti con fame o per fame, insomma tutta una serie di contingenze successive pur di tacere la parola incriminata.
Fu solamente dopo l'assedio di Leningrado, quando ormai morivano di fame anche i cittadini liberi - liberi per modo di dire, nella Leningrado assediata - che ai prigionieri sovietici, fossero o meno nemici del popolo, fu permesso di morire senza circonlocuzioni burocratiche, con una formula che richiamava una "distrofia alimentare" ma che finalmente voleva dire solo quello: fame, appunto. Ché nelle dittature è ancor più vero che altrove che chi controlla la lingua - Klemperer docet - controlla la realtà: almeno fino a che la realtà non ti scappa fuori da tutte le parti, come è suo vizio fare.

venerdì 10 dicembre 2021

Il pigiama

Ho comprato un paio di calzini coi porcospinetti. Sì, non avrei dovuto, ma erano irresistibili. Poi ho cercato di ripristinare la mia autostima di femmina adulta, di femmina in una relazione stabile nonché di femmina curvilinea, barbaramente colpita dai suddetti adolescenziali e antisessuali calzini, e mi sono messa a occhieggiare con aria saputa nel reparto balconcini-e-perizomi. Mentre mi figuravo agghindata in modi così lascivi e lussuriosi che nemmeno l'algoritmo di FB immaginerebbe, la commessa che si occupava di me è stata interrotta da una telefonata. E allora ho ascoltato.

Era un marito.
Un marito che voleva fare un regalo alla moglie.
Per Natale.
Questo è quanto diceva la commessa:
"Sì... no, sono caldi... certo, che taglia ha sua moglie? No, arrivano solo fino alla L... ma guardi che è un bel pigiama, è comodo, morbido..."
E io, con gli occhi immersi in una delizia di pizzi, nastri, sbuffi e velleità erotiche da boudoir (e il pensiero colpevole ai calzini coi porcospinetti, ma più con gli occhi nella delizia di pizzi eccetera) ho immaginato la moglie di costui, melanconica signora che sospirava ai primi tempi perduti della sua vita matrimoniale, quand'era desiderata e felice, e che pensava a quanto avrebbe voluto ancora sentirsi desiderata e felice, e che pensava allo sguardo di lui che l'aveva bramata un tempo e ora le regalava il pigiama comodo e morbido, tanto comodo e morbido quanto spaventosamente anonimo, privo di qualsiasi complicità relazionale, umana, affettiva, estetica; e ho rivisto Emma Thompson in Love Actually quando riceve il cd di Joni Mitchell al posto della collana che Alan Rickman invece avrebbe regalato all'amante, e ho avuto una di quelle folgorazioni sociologiche e sentimentali che è bene rendere pubbliche una volta per tutte.
Mariti, compagni, uomini accoppiati con donne.
Non regalate pigiami alle vostre partner.
Per quanto siano comodi, morbidi, flanellosi e con l'orsetto stampato sopra.
Non fatelo MAI.

giovedì 9 dicembre 2021

I quattro umarell del dubbio

 I quattro umarell del dubbio


"Ma tu sei vaccinato?" "Certo, certo"
insieme borbottavano. Finzione
d'idee d'un tempo vecchio, suggestione
di voglie stanche d'un nuovo sconcerto,

o forse noia di cene all'aperto:
i quattro colser dunque l'occasione
d'intavolare sulla precauzione
sofismi vari, con l'animo esperto

d'altre vicende, e di queste sognando.
Ingorghi onirici senza struttura
dissero in pubblico, impavidi e acri,

d'uomini resti che furono sacri.
Di qualche mai vissuta dittatura
un po' si lamentarono, parlando.

mercoledì 8 dicembre 2021

Estetica del Babbo Natale sul balcone

Oggi parlerò di decorazioni natalizie.

I Babbi Natale che si arrampicano.

Non so di chi sia stata l'idea, chi fosse il Babbo Zero, ma da qualche anno, sapete tutti, è scoppiata questa epidemia di Babbi Natale che si arrampicano sui balconi.
Il povero anziano, benché raffigurato in plastica gonfiabile e falso come un braccio di un novax, deve dunque allietare le incipienti festività dando mostra di sé in pose che oscillano tra quelle del chiassoso topo d'appartamento e quelle del pingue praticante di bouldering, novello Manolo vestito di rosso col piglio disperato del pensionato appeso allo sportello delle poste, tragica interpretazione di un futuro decreto sul malus facciate.
Insomma, tutto tranne che uno che sta per portare dei doni ai bimbi malauguratamente allocati negli appartamenti dietro ai suddetti balconi.
Ne ho visto uno esposto in un negozio che sembrava la ballade des pendus di Villon.
Siccome un Babbo è bene, ma di più è meglio, quest'anno nel nostro palazzo ne figurano tre.

Al primo piano abbiamo Babbo Jack Dawson, liberamente ispirato al Di Caprio di Titanic. Egli si aggrappa alla ringhiera con la stolida innamorata speranza del giovane Leonardo a mollo subito prima di staccarsi dal fatale pezzo di legno e consegnarsi ai fondali atlantici e alla gloria cinematografica. In sottofondo, un sentore di My heart will go on soppianta di gran carriera qualsiasi possibile versione di Last Christmas, scongiurando almeno il Whamageddon 2021.

Al secondo piano i Babbi sono due. Il primo è Babbo Fantozzi, immortalato nell'iconica posa del Ragioniere intento a chiedere chi avesse fatto palo, subito prima del pugno.
Il secondo Babbo invece ce l'ha fatta, ha conquistato l'interno dell'agognato balcone. Ivi giunto, ha prestato la sua plasticità alla sedia a dondolo, al cui montante si è avvinto con gambe e braccia disperatamente serrate, in una bizzarra posa da Babbo Bradipo. Il Natale si ammanta così di quel fascino da documentario sulla natura che ci riporta lontani dal clamore e dalla stucchevolezza delle feste.

Sto seriamente pensando di completare la collezione con una Befana che fa pole dancing al suono di un qualche Michael Bublè. A Natale, in fondo, siamo tutti più... più boh, più qualcosa.

venerdì 3 dicembre 2021

Il silicone

Dedicato alla storia penosa del no-vax cinquantenne di Biella che cercò di farsi vaccinare un braccio posticcio.

Sonetto di silicone biellese

Che cos'è vero mai? Che cos'è finto?
Che cos'è l'apparenza, la sostanza;
cosa il futuro, la sorte che avanza,
di cui son prigioniero, inerme, vinto?
M'invento un mondo, mi voglio convinto
di quest'interna e muta dissonanza
di ciò di cui non ho più padronanza,
di quest'ammasso pietoso indistinto
di sogno e di realtà. M'invento un braccio,
m'invento la finzione della polpa,
un'intenzione farsesca ed illusa;
m'invento qualcos'altro e poi mi taccio,
un universo nuovo e senza colpa,
un altro sogno forse, un'altra scusa.