giovedì 18 marzo 2010

Le Nuvole

In un bel mattino di primavera un’unica nuvoletta faceva mostra di sé nel cielo limpido. “Ah, che pace, ah che deliziosa giornata” si compiaceva la nuvola, ora stiracchiandosi a cirro, ora raddensadosi come un piccolo cumulo.
La città si stendeva sotto di lei e si svegliava un pezzetto alla volta; si alzavano le serrande dei negozi, i passanti si salutavano andando a lavorare, gli insetti cominciavano a sciamare e brulicare, a seconda che fossero di aria o di terra.

Mentre la nuvola si godeva lo spettacolo, sentendosi a buon diritto signora e padrona del cielo, dal retro di una cucina di un ristorante molto economico si levò una zaffata di odore di frittura: raggrumatosi anch’esso a forma di nuvola, si andò a piazzare accanto alla nostra.
La nuvola originaria poco mancò che avesse un malore. “Santo cielo, povera me” gemette a mezza voce “che tanfo terribile!” E, cercando di non dare troppo nell’occhio, saltò su un refolo di vento e si spostò di qualche metro. Purtroppo per lei, anche la nube di frittura ebbe la stessa idea.

La nuvola, che ora per comodità e per non reare confusioni di forma e di sostanza chiameremo Graziosa, ebbe un altro gemito. Ma, poiché voleva mantenere una parvenza di educazione, si limitò a tossicchiare. Niente da fare: la nube di frittura non dava cenno di aver capito e, anzi, si scuoteva tutta quanta nell’aria, sprizzando ovunque goccioline d’unto.Graziosa starnutì, stavolta in modo più evidente. Poi, d’improvviso, sbottò: “Ma insomma! Che diamine. Le pare il modo?” L’altra la guardò perplessa e, sempre spargendo effluvi, chiese con poco garbo: “Embè? Che succede?”
Graziosa si armò di tutta la pazienza di cui era capace e spiegò, presupponendo che quella fosse un po’ tarda: “Signora, non so se si rende conto, ma qui c’è un odore insopportabile. Il cielo è grande, proprio qui se ne deve stare? Ci sarebbe posto per tutti!”
La nube di frittura ci rimase male e, con malcelato disappunto, abbozzò: “Mi scusi tanto, eh” fece, con un filo di voce che a malapena si distingueva dalla brezza primaverile “è che io vengo da un ristorante dove fanno i fritti e la mattina cominciano a lavorare presto. Mi dispiace se le ho rovinato la giornata”.
Graziosa insistette, non paga: “E non può starsene un po’ più in là?”
L’altra replicò, punta sul vivo: “Queste sono le correnti, i venti, signora, davvero, mi spiace, ma sono leggi fisiche”
Graziosa la fulminò: “Non mi venga a parlare di leggi fisiche e di scienza, Lei! Che ne sa? Mica ha studiato, si vede. Al massimo avrà una qualche infarinatura di chimica applicata. Per l’Atmosfera, senti qua che odoraccio!”
La nube di frittura ebbe un altro sussulto di amor proprio, fece una smorfia e si difese così: “Ha ragione, signora, magari io non ho una gran cultura ma Le faccio presente che, a rigor di logica, no ecco non mi rimproveri di non conoscere nemmeno quella, a rigor di logica siamo nuvole entrambe, condividiamo la medesima nuvolità, e quindi abbiamo gli stessi doveri e gli stessi diritti”

Graziosa si fece scura come un cumulonembo prima di un temporale, ma la sua non era altro che stizza: “Cosa? Cosa? Entrambe nuvole, io e Lei, cara signora? Ma sta dando di matto? Io sono una nuvola, Lei, anzi, Tu sei solo un grumo di tanfo! Una zaffata puzzolente e artificiale che viene da un ristorante di quart’ordine dove si ritrovano a pranzare persone senza gusto! Lo sai, sciagurata, che cosa vuol dire essere Nuvole? Noi Nuvole siamo apparse nella letteratura fin dai tempi di Aristofane! Ci dedicano le canzoni, anche in accoppiata col Messico! Sei forse stata in Messico, tu? suppongo di no, non saprai nemmeno dove si trova. Noi nuvole” continuò a pavoneggiarsi “ispiriamo i poeti assumendo le forme più strane...” “Veramente è un’illusione ottica” provò a interromperla l’altra, ma Graziosa proseguì didascalica “...si chiama pareidolia, sii precisa, e i pittori ci immortalano, ci hai mai viste dipinte da Monet? Credi che si sarebbe mai messo a dipingere una robaccia come te? Ah no, cara mia! E i modi in cui possiamo essere definite dai meteorologi! Perché noi oltre all’arte ci facciamo valere anche nella scienza! Da innocue velature a corpi nuvolosi, cirri, strati, nembi, ecco! noi siamo il sollievo dei viandanti, la metafora delle difficoltà, tu non sei niente, solo il ricordo di un pranzo cattivo!”

Ciò detto, Graziosa si addensò a tal punto che uno scroscio di pioggia la lavò via dal cielo.

La nube di frittura rimase quindi da sola a godersi i placidi venti della primavera. “Sono segni dei tempi” disse fra sé “Ormai sopravvive solo l’aria fritta”.

Nessun commento:

Posta un commento